Quando il team di Threef ci ha indicato, come traccia di lavoro per giugno, il tema di massima "street food, fast food e dintorni", sono andata in paranoia. Sì, perché tutto il mio street food preferito, su Threef, era già stato pubblicato.
Le fajitas, mie, sul numero 2.
Le zeppole di pasta cresciuta, sempre mie, sul 3.
I falafel, di Maria Elena, sul numero 5.
Ho cercato di continuare a pensare all'estate, alle vacanze.
Il primo pensiero è andato alla Grecia, al pita gyros, che però poneva il problema di cucinare la carne nel modo giusto, con lo spiedo verticale.
Ricordo, al rientro da Creta, le crisi di astinenza da pita gyros soddisfatte a Milano, a tarda notte, sull'alzaia del naviglio, nella storica ghireria.
Poi un lampo, un fiume in piena di ricordi.
Quelle estati con mamma e papà, quelle settimane di luglio nell'indimenticabile appartamentino di amici in rue des Palmiers, nella vecchia Antibes.
Sono passati quasi venticinque anni e me lo ricordo come fosse ieri, con quelle mattonelle esagonali di cotto, il caminetto, la tenda in stoffa provenzale a nascondere l'angolo cottura.
Le cene all'aperto nei bistrot della piazza; cozze, cozze e ancora cozze.
La mattina, la colazione al bar all'angolo, con dei croissant che non ho più mangiato così buoni, nemmeno a Parigi.
Croissant che con la loro croccante bontà mitigavano l'immondo caffé espresso francese.
La spesa con la cesta in vimini al mercato, sotto la tettoia liberty in vetro e ferro battuto.
Metri e metri di ceste di frutta, secchi di fiori e piatti di spezie.
Nectarines e tulipani.
Portavo pantaloni capri a quadretti vichy, vestitini a fiori e zoccoli col tacco.
Pesavo più o meno trentacinque chili, che a voler essere pignoli sono le stesse cifre del mio peso attuale.
Mi si vedevano le rotule, allora.
Era tutto splendido.
Persino lo spazzino comunale che all'alba - a bordo di una Yamaha da enduro dotata di bidone aspiratutto, chiamata dai locali
moto-crotte e da noi più laicamente
succhiamerde - sanificava i vicoli. Un figaccione, abbronzato e ossigenato, che sembrava uscito da baywatch. Non fosse stato per l'aspiramerde, che lo faceva un po' ghostbuster.
La vecchia Antibes, il profumo di pane che usciva dalle boulangerie misto a quello di saponette e sacchetti di lavanda.
Quelle vetrine dei baretti piene di baguettes jambon beurre, piccole quiche lorraine da asporto e traboccanti pan bagnat. Buono, quel panozzo gigante.
Un'insalata nizzarda ficcata dentro due fette di pane pronte ad esplodere, colando vinaigrette sul vestitino a fiori.
Pan bagnat
4 panini tipo arabo
2 pomodori ramati
1 cetriolo
2 cuori di lattuga gentile
2 uova sode
1/2 cipolla rossa
400 g di tonno in tranci sott'olio
1 manciata di olive verdi denocciolate
olio
aceto di vino rosso
sale e pepe
Tagliare le uova sode a fettine.
Sgocciolare il tonno dall'olio di conservazione.
Preparare le verdure per l'insalata nizzarda: mondare e lavare la lattuga, tagliare a fette sottili il pomodoro; affettare anche il cetriolo privato della scorza e la cipolla rossa.
Radunare il tutto in una terrina, aggiungere le olive e condire in modo decisamente abbondante con olio, aceto, sale e pepe, mescolando delicatamente.
Tagliare il pane e bagnarlo su entrambi i lati con il condimento dell'insalata, prelevandolo con un cucchiaio dal fondo della terrina.
Comporre il pan bagnat con l'insalata, l'uovo e il tonno.
Bonus track
Pane arabo, tipo pita
esecuzione con Bimby (ricetta di Valentina):
500 g farina zero
300 g acqua tiepida
25 g lievito di birra fresco
10 g sale
Inserire nel boccale l'acqua, il lievito, la farina e il sale.
Impastare 2 minuti a spiga.
Dividere l'impasto in 8 parti uguali, formare delle palline lisce e ben compatte.
Appiatturle e stenderle con il mattarello sino ad ottendere dischi di 12-14 cm di diametro.
Coprire e far lievitare sino a raddoppio.
Scaldare il forno a 250° con la placca vuota al suo interno.
Una volta caldo, estrarre la teglia e disporvi i panini, cuocere per 10' o fino a doratura.
Togliere i panini appena gonfi, metterli subito in un sacchetto di carta e poi quello di carta in uno di plastica per trattenere tutta l'umidità.
Conservarli così chiusi mezz'ora prima di servire.
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Threef, è bellissimo.