sabato 22 febbraio 2014

Polentina taragna con scaglie di mimolette e radicchio rosa



Nonostante io sia sempre alla ricerca di letture gastronomiche fresche di stampa, la mia attenzione in questi giorni è catturata da un libro di cucina (o quasi) non certo recente. E' del 2007 il volume scritto dall'americana Heidi Swanson - foodwriter e fotografa di San Francisco - intitolato Super Natural Cooking.Sottotitolo qualcosa tipo: cinque modi per includere ingredienti integrali e naturali nella vostra cucina. Lo reputo una lettura semplice e interessante, ricca comunque di nozioni di cultura alimentare e di spunti per avviare una piccola rivoluzione nelle abitudini quotidiane. Nei cinque capitoli del volume vengono raccontate e corredate con ricette le cinque vie suggerite nel sottotitolo, che potrei così riassumere e tradurre:
  • Organizzare una dispensa di alimenti naturali
  • Esplorare una vasta gamma di cereali (e granaglie)
  • Cucinare con i colori
  • Conoscere i Supercibi
  • Usare dolcificanti naturali.
Nel libro non si parla di carne né di pesce, ma senza sventolare bandiere vegetariane. E forse è questo che mi è piaciuto: l'accompagnare il cambiamento degli stili alimentari senza integralismi, raccontandolo a piccoli passi e accettando i compromessi."Piuttosto che niente, meglio piuttosto", diceva mia nonna Dina.
Anche perché... le domeniche del porco con gli amici di sempre non contemplano cotechini di tofu.

Ho anche pensato, per chi non conoscesse il volume o non avesse la possibilità di leggerlo in lingua originale (non credo esista tradotto), di darvene qualche assaggio, con un post per capitolo e una ricetta ispirata in generale ai suoi contenuti, con deviazioni sul tema.
Come avrete notato, questo blog - in termini di tempo dedicato, frequenza di aggiornamento e propensione alla connessione coi social network - ha la tonicità di una blatta.
E' dunque una sfida, promettere cinque post. Non so se ce la farò. Magari ci areneremo al capitolo tre, entro il 2020. Ma piuttosto che niente, meglio piuttosto.

Organizzare una dispensa di alimenti naturali

Per Heidi non si tratta di fare un punto zero nella dispensa, buttando tutto ciò che abbiamo nello scaffale. Si tratta gradatamente di disinnescare il condizionamento che - al supermercato - ci fa allungare la mano rispetto al riacquisto delle cose che usiamo da sempre, per abitudine. Spesso cibi industrializzati e iper-raffinati. E si tratta di variare, esplorare, provare, sperimentare. Perché una farina integrale si comporta diversamente in un impasto da una farina bianca. Un tipo di dolcificante può essere diversamente idoneo per la torta di sempre, e un altro pò risultare migliore dello zucchero bianco sinora usato.
Nella dispensa naturale di Heidi entrano farine integrali, preferibilmente biologiche, ma anche farine di altri cereali, come l'orzo, il mais...
Entrano olii e grassi come il burro chiarificato, olio di sesamo, di mandorla. Tuttavia non dimentichiamoci che la poveretta vive negli States e noi in Italia. Pur con tutte le tragedie di questo paese, tipo la criminalità organizzata, la terra dei fuochi, i terremoti, Maria De Filippi, due papi, tre ventenni di dittature seguiti da Renzi Presidente del Consiglio, siamo ancora baciati dalla fortuna. Un po' sfigati sì, ma non del tutto. "Lucky enough", scrive Heidi. Noi... noi abbiamo l'olio extra vergine d'oliva. I consigli di Heidi sull'olio di cocco, thanks a lot, ma possono aspettare.
Il paragrafo sui dolcificanti si apre parlando di... sale. E' stata la capacità degli chef di far scoprire al vasto pubblico la grande varietà di sale esistente, che ci consente ora di apprezzarne tutte le sfumature di colori, provenienze minerali, sapori del sale. E lo stesso paragrafo si chiude elogiando le varietà di pepe esistenti. Chissà se il futuro ci riserva altrettanto nel mondo dolce. Qui compaiono tra gli altri il miele, la melassa, lo zucchero di canna, lo sciroppo d'agave.
Si parla anche di cibi da fermentazione: l'aceto in primis, ma anche il miso, la salsa di soia, la sua variante non pastorizzata shoyu. Si tratta di elementi utili a tenere arzilla la componente batterica "amica" del tratto intestinale, minacciata quotidianamente da stress, antibiotici, bevande alcoliche e acqua ricca di cloro.

Polentina taragna con mimolette e radicchio rosa

Ecco un'idea per usare il formaggio mimolette comprato la scorsa settimana. Un formaggio vaccino francese molto saportito, dalla tipica colorazione arancio. Ho pensato di servirlo come antipasto.
L'ho grossolanamente grattugiato su una polentina taragna tenuta un po' morbida, ossia preparata abbondando un po' di acqua rispetto alle dosi indicate sulla confezione (una volta e mezzo circa).
Che di norma, a Bergamo, con la polenta taragna ci si stucca i muri.
Ho adagiato sopra al tutto le foglie più piccole di un radicchio rosa, una varietà che riesce sempre ad incantarmi per la sua bellezza, cricorda un fiore.
Ho condito il tutto semplicemente con sale nero di Cipro e olio extra vergine del Garda.


domenica 9 febbraio 2014

A volte ritornano. No knead bread


No, non sono defunta.  
Non tempo per cucinare. Citazione forbita di Donna Hay.
Nel senso che l'autrice australiana dell'omonimo libro mi ha plagiata, ma non le chiederò i danni né i tre euro e venti di SIAE.

E poi, le poche volte che nel week end cucino, cucino da asporto, nel senso che trasloco con pentole e pirofile varie a casa degli amici, per le classiche cene "ognuno-porta-qualcosa". Niente post e foto, dunque. La voracità degli amici non mi lascia nemmeno il tempo di una foto dal cellulare.
Stasera mi aspetta uno di questi gradevoli appuntamenti, definiti dalla ciurma "domeniche del porco" per la larga presenza di suino tra le portate. E busserò con i piedi, le mani impegnate con cose dolci (i cuori fondenti al cioccolato) e salate (i panini scugnizzo).

E' colpa di Paola, se oggi ho ripreso un esperimento di panificazione.

Mi ha regalato a natale il libro di Jim Lahey, inventore del famoso pane senza impasto (no knead bread), un pane croccante e ad alta idratazione reso mondialmente noto dal NY Times, nell'intervista di Mark Bittman.
E dunque è sempre colpa di Paola se il libro mi ha costretta - assolutamente obtorto collo - a dotarmi della quarta cocotte in ghisa (che dovrò stipare a casa di qualcuno... vero ciclista ?) 

Eccomi dunque oggi a sfornare il mio primo NKB, anche se a dirla tutta un esperimento beta fu fatto un anno fa a casa di mamma. Se gli alveoli sono all'altezza delle attese lo scopriremo stasera, quando lo taglierò. Al momento scotta, profuma e, proprio come annuncia il libro, canta: "inizia a emettere suoni bizzarri, come un rapido susseguirsi di petardi, uno scoppiettio dopo l'altro. Il cantare testimonia l'ultima fase della cottura, che avviene fuori dal forno, ed è il motivo per cui bisogna sempre lasciare al pane il tempo di raffreddarsi prima di tagliarlo".


No knead bread

Per il metodo di preparazione e cottura, che è "zero fatica" per l'impasto ma prevede alcuni passaggi delicati successivamente, trovate infinite risorse in rete, non da ultimo il video ufficiale (qui).

In sintesi le fasi sono le seguenti:
prima fase, miscela (non-impasto) degli ingredienti
dopo 12 ore, piegatura, infarinatura e posizionamento in un canovaccio infarinato
dopo 1 ora, pre riscaldamento forno e pentola vuota con relativo coperchio a 245°
dopo 1-2 ore, inizio cottura a pentola chiusa
dopo 30' di cottura chiusa, proseguire cottura senza coperchio
dopo 15-30 minuti, fine cottura.

Ho non-impastato ieri notte alle due, durante il consueto trasloco  in sonnambula tra divano e letto, ho dato le pieghe all'impasto oggi alle 14 e cotto alle 15:30. Sfornato alle 16:15.

Le quantità di ingredienti per l'impasto che ho usato, riproporzionando quelle del libro, sono le seguenti:
500 g farina zero
375 g acqua
1,5 g lievito di birra secco non istantaneo (tipo mastro fornaio, per capirci)
10 g sale
Altra farina qb (sarebbe meglio semola) per la lavorazione.


Ho usato una cocotte in ghisa da 26 cm di diametro (come era consigliato nel libro), a cui ho sostituito il pomolo originale in materiale fenolico con uno - sempre ricambio originale - in acciaio inox, idoneo a superare i 200°. Tuttavia, penso che un diametro più piccolo sia più idoneo, per ottenere un pane più alto.