giovedì 20 agosto 2015

La teglia di mazzancolle alla paprika (delle 19:30)


Rientro oggi da qualche giorno di assenza. Temevo di trovare una fila di serrande abbassate, invece a Veronetta sono tutti aperti per ferie e il quartiere sembra più vivace del solito.
Moreno il macellaio, Graziano l'ortolano, gli eredi di Paolo il pescivendolo... e anche lo zio Giancarlo, il calzolaio: sono tutti al lavoro. L'osteria Morandin spilla goti, Scapini sforna brioche.

Questa è una zona difficile della città, una di quelle dove la multiculturalità si è fatta sentire per prima, e ha messo radici, non senza qualche problema. Ricordo quel servizio de l'Espresso titolato Sangue e arena, tanti anni fa.
Molti veronesi quest'area l'hanno bollata come il bronx e ne hanno paura, se ne tengono alla larga. Atteggiamenti che frenano la riqualificazione e l'integrazione.
Eppure, io la trovo una delle zone più fascinose di Verona. Dopo tanti anni qui, cammino ancora a naso all'insù e scopro tesori ogni giorno.
Per questo il degrado mi offende e mi fa arrabbiare, ma ancora di più mi fa incazzare l'indifferenza dei residenti, di qualisasi nazionalità essi siano.

Ogni tanto mi consolo: qualche edificio rivive, svelando tesori architettonici inaspettati. Qualcuno spazza un marciapide e ci butta candeggina. Qualche nuova bottega di affaccia, tra un kebab e un phone center: negozi di modernariato, di design, di biciclette fixed.
Resistono le botteghe di sempre: le frequento ogni giorno, trovandole bellissime e credendo fermamente nella necessità di sostenere la loro funzione sociale.

E' figlia della spesa delle 19:20 a Porta Vescovo questa teglia colorata, che ha stupito anche me per la facilità di preparazione e la golosità di esito. L'ho divorata sul terrazzo, gustandola così brualmente, con le mani, guardando il tramonto e pensando proprio a Veronetta

Mazzancolle alla paprika (per due)

600 g di mazzancolle intere
1 cucchiaino da the colmo di paprika dolce affumicata (Pimenton El avion)
1 spicchio d'aglio privato del germe
1 ciuffo di prezzemolo
mezzo limone, succo e scorza
qb olio extra vergine d'oliva
qb sale in fiocchi e pepe

Preriscaldare il forno a 220°
Preparare la placca con carta forno, fuori dal forno
Lavare e mondare le mazzancolle, privandole del guscio (salvo testa e codina) e del filetto dorsale.
Preparare un trito con prezzemolo, aglio e scorza di limone, tenere da parte 
Preparare una marinata con olio, succo di limone, sale e pepe

Passarci le mazzancolle, poi disporle sulla placca foderata in precedenza

Spolverare le mazzancolle di paprika, tenendone da parte ancora un pochino
Cuocere in frono 7 minuti, poi estrarre, girare le mazzancolle dall'altro lato spolverando con la paprika rimanente. Cuocere altri 3 minuti.
Estrarre la placca dal forno, cospargere con il trito aromatico, eventualmente una spruzzata d'olio a crudo, altro sale e pepe se servisse.

Mangiare subito !


mercoledì 5 agosto 2015

Polpette di tonno, patate e basilico con cronache dalla ditta (in chiusura per le ferie)



Questi sono i giorni più belli in ufficio; siamo ormai in pochi superstiti, il clima è tranquillo, siamo alle battute finali, il carico di lavoro è calato.
In open space ritroviamo il piacere di sollevare più spesso la testa dalle tastiere: si trova anche il tempo di discutere, di riflettere ad alta voce su quello che accade dentro e fuori la megaditta.
Dalla recente fusione al trasloco dei vecchi uffici, dalla manovra alle nomine Rai.
E di cazzeggiare, di tanto in tanto.
Un caffè in più al bar, un video virale su you tube, una barzelletta, una ricetta, il consiglio sulla gelateria-migliore-della-città (ognuno ha la sua) e... l'immancabile sfottò del giorno al nostro collega Pier.
Uno che ha una lunga seniorship alle spalle e un impeccabile fermacravatta sul petto.
Per sintesi potremmo dire che ha sepolto una dozzina di Presidenti.
L'altro ieri lo abbiamo ribattezzato Pierpiero. Oggi "cespite aziendale". Lui non si scompone, ci sopporta con la pazienza di Giobbe, con la saggezza silenziosa di quello che ne ha viste tante, con la flemma di quello che tanto... ci seppellirà tutti.

Questa ricetta svuotafrigo è per la mia collega Alessia, un'altra Bimby-user, ma di quelle che vogliono le dosi precise.
Era da tempo che - incapace io di darle dosi credibili - cercavo di convincerla a provare le polpette a occhio. Senza successo.
Così ho approfittato della cena di stasera per pesare gli ingredienti mentre riempivo il boccale a sentimento.

Ingredienti
(mi sono venute 10 polpette)

30 g parmigiano a scagliette
1/2 spicchio d'aglio
un mazzetto di basilico
3 fette di pan bauletto (le mie, ai cereali)
200 g patate novelle prelessate (al dente)
200 g tonno in scatola all'olio (peso sgocciolato)
1 uovo
sale pepe qb
una grattugiata di scorza di limone
paprika affumicata (un pizzico)
50 g farina
olio extra vergine per rosolare

Procedimento (bimby, ma va bene anche un buon food processor)

Nel boccale inserire parmigiano, olio e basilico e tritare a grana media, circa 10" / vel.8. Mettere da parte.
Senza pulire il boccale tritare il pane a grana media, circa 10" / vel.8.
Aggiungere tutto il rimanente: le patate, il tonno, l'uovo, il trito di basilico, l'uovo, il sale e pepe, la paprika, il limone.
Amalgamare il tutto abbastanza bene, ma senza che il composto diventi troppo molliccio, circa 10" a vel. 4.

Con il composto realizzare delle polpettine di altezza omogenea, tipo mini burger. Infarinarle poco alla volta, appena prima della rosolatura in padella.
Scaldare una padella con olio e rosolarvi le polpette: basteranno tre / quattro minuti per lato.


Variante: a volte le preparo con pesce bianco (nasello, merluzzo, branzino... insomma, il classico pesce che vive nei freezer d'Italia...), precotto a vapore o a microonde, aggiungendo però anche un po' d'acciughe.



giovedì 23 aprile 2015

Rotolo di tacchino farcito ai carciofi, speck e olive taggiasche (quando tutto va a rotoli)




Il sapore familiare di una pentola incrostata mi consola, perché sa di pranzo della domenica.
E' un periodo complicato per me sotto vari punti di vista, resto laconica e scioperata, con la sola voglia di condividere questo secondo relativamente facile prima che sia definitivamente il tempo di melanzane e feta e che le ragnatele si impossessino di lattefiele.
Lascio una ricettina al volo di qualche settimana fa... preparata per una cena tra amici di quelle organizzate un po' all'ultimo. Le amiche di pentola di Legnago e dintorni, un gruppo affiatato che ho conosciuto grazie a Valentina, lo hanno già provato a Pasqua con un esito di positiva certificazione (grazie della fiducia!).


Rotolo di tacchino farcito ai caciofi, speck e olive

700g in una fetta di tacchino "a libro"
100g di speck a fette
2 cuori di carciofo trifolati
1 fetta di pan bauletto, bagnata nel latte e strizzata
30g di grana padano a scagliette
1 uovo
un ciuffo di prezzemolo
un cucchiaio di olive taggiasche denocciolate (più altre da lasciare intere, a piacere)
1 rametto di rosmarino
200ml vino bianco
salamoia bolognese qb
olio evo qb

spago da cucina
una casseruola da fuoco e forno, meglio se a bordi alti (io ho usato una cocotte in ghisa da 26cm)


Ho disposto sul piano di lavoro la fetta di tacchino e l'ho foderata con metà dello speck a fette.
Ho messo nel robot da cucina gli ingredienti per il ripieno: il rimanente speck, i carciofi, il pane, il formaggio, il prezzemolo, le olive e l'uovo, ed ho azionato il mixer sino ad ottenere un ripieno miscelato ma non troppo cremoso.
Non ho salato il ripieno perché a mio avviso era già saporito, ma come sempre va a gusti.
Ho spalmato il ripieno sulla carne a sua volta coperta di speck, aggiunto qualche oliva intera, ed ho arrotolato il tutto dal lato lungo, l'ho cosparso di salamoia bolognese fermando poi il rotolo con lo spago da cucina.
Ho preriscaldato il forno a 180°.
Sul fornello, ho scaldato una casseruola in ghisa con un po' d'olio e vi ho rosolato la carne su tutti i lati, girandola di tanto in tanto. Questa fase ha richiesto circa 10 minuti.
Ho poi aggiunto il vino bianco e il rametto di rosmarino e ho infornato subito per un'ora, girandolo a metà cottura.

Trascorso il tempo di cottura ho sfornato il tutto, aspettando qualche minuto prima di tagliarlo a fette e servirlo, irrorato dal fondo di cottura.


giovedì 26 marzo 2015

Una focaccia quasi barese



"La focaccia barese di prepara mescolando farina di grano tenero, sale, lievito e acqua. Ne deriva un impasto piuttosto liquido che si versa in una teglia rotonda, si condisce con olio, pomodori freschi, olive e poi si cuoce nel forno a legna.
Proprio perché l'impasto è liquido, i pezzi di pomodoro sprofondano nella pasta, creando e riempiendo dei piccoli crateri morbidi che diventano le parti più buone della focaccia. Si mangia calda ma non bollente, avvolta in un pezzo di carta da panificio, uscendo da scuola, al mare, per cena o anche per pranzo (o merenda o anche colazione, ma questa è roba da esperti): veloce, economico e deliziosamente unto."
Gianrico Carofiglio, Né qui né altrove. 
Una notte a Bari
Ed. Laterza, 2011.

E' arrivata da questo romanzo breve, letto appena uscì, l'ispirazione per trovare una nuova e adeguata destinazione d'uso ad un po' di datterini al forno che erano avanzati.
Ho deciso di procedere un po' a caso, ma il risultato è stato decisamente soddisfacente, con una focaccia che è rimasta morbida anche il giorno successivo.

Ingredienti

12 g di lievito di birra secco
330 g acqua a temperatura ambiente, più altra se servisse
 60 ml olio extra vergine di oliva, più altro abbondante per stendere e per finire
400 g farina zero
100 g farina 1
una patata media lessata e ben cotta, poi schiacciata (l'ho lasciata intiepidire coperta, perché trattenesse la sua umidità)
15 g di sale

una decina di pomodorini datterini al forno, o anche freschi
20 g di olive taggiasche
sale grosso, un pizzico
origano secco di qualità, un pizzico abbondante

una teglia antiaderente 20x30, a bordi alti

Procedimento

Ho sciolto il lievito con un po' di acqua e ho atteso schiumasse, circa 15 minuti (questo passaggio non occorre se si usa il panetto di lievito fresco da 25g).
Ho versato il lievito nel boccale del mio robot e ho aggiunto gli altri ingredienti in questo ordine: acqua, olio, farina, patata schiacciata, sale.
Ho impastato due minuti (nel bimby a velocità spiga), poi ho controllato la consistenza, per assicurarmi che fosse appiccicosa e morbida ed eventualmente aggiungere altra acqua.
Potrebbe servire aggiungere altra acqua, poca per volta: dipende un po' dalla qualità di farina usata e dell'umidità che ha trattenuto la patata.
Ho impastato ancora un altro minuto.

Ho unto per bene la teglia e molto abbondantemente le dita.
Ho trasferito l'impasto nella teglia e l'ho allargato con i polpastrelli unti, coprendo tutta la superficie della teglia.
Ho aggiunto i pomodorini e le olive, poi ho trasferito la teglia in un sacchetto di plastica di grandi dimensioni e l'ho chiuso, attendeno la lievitazione sino al raddoppio (nel mio caso 3 ore).
Ho preriscaldato il forno a 200° (nel mio caso ventilato, perché lo statico... non cuoce), quando è stato in temperatura ho cosparso la focaccia di olio, sale grosso e origano e praticato ulteriori buchetti nelle superficie con le dita unte.

Ho infornato 20-25 minuti.

Onofrio, questa focaccia è per te.


I pomodorini sono stati spolverati con zucchero e sale nero di cipro, abbondante olio, poi infornati per 10' a 180° e per 50' a 120.


domenica 1 marzo 2015

I passatelli in brodo




Tra Cervia e Milano Marittima ho passato le estati per dieci anni, con la mia amica Elisa, tra l'ottantasei e il novantanove.
Milano Marittima me la ricordo quando c'erano i risciò e i romagnoli, prima dell'avvento delle Por(s)che e dei calciatori.
Da adolescenti, quando si apriva la stagione, noleggiavamo le nostre cabriolet. Due grazielle che ci rendevano indipendenti e ci permettevano di pendolare tra Cervia - dove passavamo le ore diurne, al Bagno Italia - e Milano Marittima, dove avevamo l'hotel e si radunava la compagnia per la sera.
I divertimenti ? Non certo un privé al Pineta. Non serate in spiaggia al Papeete.
Una maratona su e giù nella zona pedonale, molte chiacchere, talvolta un cinema all'aperto. Quello che non mancava mai era lo spuntino sul tardi, che poteva essere una schiacciata da asporto sulle panchine della settima traversa, davanti alla pizzeria, una piadina alla rotonda di piazzale Torino, o un cornetto notturno al forno Baldani.
Anche se ero quindicenne, amavo vivere le città dove passavo parti d'estate da indigena, più che da turista.
Succedeva ad Antibes come a Cervia, di preferire il mercato alla spiaggia e di fermarmi a parlare con gli adulti del luogo per farmi raccontare le tradizioni locali.
E' così che, dalla mia credenza, escono oggi dei pezzi vintage di quel tempo: il grembiule romagnolo con la stampa ruggine, la tovaglia, il ferro da passatelli, il testo da piadine.
Conservo ancora la ricetta della piadina che mi diede la signora Annamaria, una simpatica ed energica ravennate che gestiva un'agenzia immobiliare accanto all'hotel.
Il ciclista usa dirmi "tu eri vecchia già a otto anni". 
A me viene in mente Mafalda, il mio ferro da passatelli e rispondo al tentato insulto con un sorriso di beffardo compiacimento.




Per quattro

120 g pangrattato fatto in casa, non troppoo fine
120 g parmigiano reggiano grattugiato
3 uova
un pizzico di scorza di limone
un cucchiaino di burro
una spolverata abbondante di noce moscata
sale, pepe
2,5 l brodo
ferro per passatelli o schiacciapatate a fori larghi

Mettere il brodo a sobbollire diviso in due pentole. Una, la più grande, servirà per la cottura dei passatelli e vi rimarrà il brodo più torbido, l'altra sarà utilizzata per scaldare il brodo di servizio.
Preparare l'impasto dei passatelli amalgamando tutti gli ingredienti in una ciotola o in un mixer da cucina.
(Nel bimby, 15 secondi a vel. 5 antiorario) Raccogliere l'impasto così ottenuto, che deve risultare abbastanza sodo, in pellicola alimentare. Farlo riposare in frigorifero 15 minuti.
Ripredere l'impasto e ricavare i passatelli a pressione con l'apposito strumento.
Tuffarli nella pentola con il brodo di cottura e scolarli con un mestolo forato non appena rinvengono a galla.
Servire nei piatti singoli o in una zuppiera utilizzando il brodo di servizio.

sabato 7 febbraio 2015

La blogger veronese che... Vale !


Foto da L'Arena del 1 febbraio 2015, p. 24

Era il 19 marzo 2012. La mia amica Valentina mi invita ad un corso Bimby presso la sede divisionale e mi anticipa, elettrica ed entusiasta: conoscerai una mia nuova cliente simpaticissima, si chiama Valeria, è una dentista appassionata di Apple e ha un blog di cucina che di chiama "Pane per i tuoi denti". Ti piacerà, ne sono certa.

Eccola arrivare, con un sorriso aperto e onesto, che sembra lo Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie. Veloce radiografia reciproca, o forse dovrei dire panoramica. Eravamo vestite uguali, total black sportivo, stesso modello di scarpe Hogan. Potrei anche azzardare stesso peso, anche se distribuito in un volume diverso, decisamente a mio sfavore.

Ci sediamo vicine, appare subito iper tecnologica. In una platea di trenta donne in cui la metà fatica ad esprimersi in una lingua diversa dal patois veronese, lei è l'unica che prende veloce gli appunti sull'i-pad e fa domande chirurgiche.

Io, lì accanto, con mio quadernetto a righe e le macchie di burro sulle pagine, la guardo ammirata.
Quella sera, al corso Bimby, preparavano la torta panarellina, un dolce genovese.
Da allora siamo in contatto continuo, non con la frequenza che entrambe auspicheremmo, ma non ci siamo perse. In una città di musoni provinciali, Valeria è stata subito accogliente; non ha esitato ad aprire la porta di casa sua ad una sconosciuta come me. Abbiamo cucinato insieme, con lei e Valentina, nella mansarda.

Abbiamo condiviso ricette e corsi di fotografia. Abbiamo condiviso show cooking e corsi di cucina.
Ogni anno condivide con noi, a Natale, un libro di ricette bellissimo, e si ricorda sempre della mia mamma.

Ispirata e protetta dalla nonna Carolina, dice lei, oggi Valeria, con la sua passione per i dolci, è arrivata in tutta Italia, grazie alla sua vocazione "iper social".
E, non da ultimo, alla sua presenza sulla Cucina Italiana, nel numero di febbraio, con una autentica e personale interpretazione, in versione zebrata, della panarellina di quel 19 marzo.
E la data la ricordo perché è appuntata nel quadernetto, tra le macchie di burro.

Ci si dedica con una tenacia ed una precisione scientifiche, nelle cose, la nostra Valeria. E sono contenta che l'articolo che le ha dedicato in nostro quotidiano cittadino, l'Arena, racconti di lei quello che la Cucina Italiana non ha raccontato.
Lo ha fatto domenica scorsa, in un articolo di Anna Martellato dal titolo: La dentista pasticcera va in copertina. «Preparo torte per i vostri denti»

Ora mi aspetto di vederla sul podio di Bake off.
E poi Presidente.
Il claim della campagna c'e l'ho già: ... più carie per tutti !


domenica 7 dicembre 2014

Threef n. 8: i baci di Alessandria (o quasi) e il finger food


Puntuale come un brufolo dopo la nutella, la rata del mutuo e il canone Rai ... ma al contrario di tutto ciò, gradevole e gradito... il primo dicembre è arrivato il nuovo numero di Threef. Il n. 8.

Un numero dal profumo di convivialitá invernali e che cede piacevolmente alla tentazione di mood natalizio, una sorpresa anche per me, in deroga alla laicità che io stessa mi aspettavo.
Tema di questo numero trimestrale, su issuu da dicembre, è il finger food.
Mi sono persa a guardare le sfiziose proposte delle mie "colleghe", una più bella dell'altra.
E ho pensato, sfogliandolo virtualmente, che sì insomma... sto finger food non è poi così male. Anzi.

Perché qui mi vedo costretta a fare outing. Almeno a parziale giustificazione del mio miserrimo contributo a questo Threef.
Ebbene sì. Non ho simpatia per il finger food, quanto meno mettendomi nella prospettiva di chi deve prepararlo. Il finger food è una di quelle preparazioni che, nella mia dissacrante lettura, presenta un sacco di limiti, a titolo esemplificativo:
- richiede un monte di lavoro di fino allo chef, senza però creare quel momento di riconoscente silenzio che si avvertirebbe appoggiando una pirofila al centro tavola
- implica un consumo di tovaglioli di carta ambientalmente irresponsabile
- costa di più in bicchierini usa e getta che in materia prima alimentare
- per quanto se ne faccia, finisce prima ancora che tutti abbiano potuto avvicinarsi al buffet.
Quando la padrona di casa riuscirá a raggiungere i commensali, tendenzialmente troverá solo stuzzicadenti abbandonati e una pletora di occhi che la guarderanno come per dire: e ora, cosa c'é per cena ? La carbonara quando arriva ?
E dunque: finger-food-no-grazie.

Sebbene ogni tanto prepari mono porzioni, mini quiches o i mitici panini scugnizzi, per me non c'è nulla di più conviviale di una teglia di lasagne, di un tiramisù da servire a cucchiaiate. Non sará pratico ma è voluttuoso, e trovo un gesto d'affetto portare in tavola una cocotte in ghisa con un arrosto fumante. C'è poco da fare. Il finger food per me rende una festa con le vecchie zie non diversa da un buffet congressuale.

Certo è che quando i commensali superano il numero di sedie disponibili, il finger food è una scelta quasi obbligata.
Ecco dunque che le idee di Threef sono un grande assist, a maggior ragione in vista delle feste. Che riesce a convincere pure me.

Il mio contributo è stato stimolato dalla mia amica Clara, che lo scorso anno di questi tempi si era ostinata a voler riprodurre dei baci vagamente simili a quelli tradizionalmente venduti alla pasticceria Gallina di Alessandria. "Baci al cioccolato, grandini e ovaleggianti".
Questo fu il suo briefing. Ci mettemmo all'opera e uscirono proprio i baci che raccontiamo su Threef. Nulla a che vedere con gli originali, probabilmente, ma di sicuro un omaggio a loro.





I baci di Alessandria (o quasi)

Per i biscotti
150 g di farina
100 g di nocciole tostate
120 g di zucchero di canna
100 g di burro
1 cucchiaio di cacao amaro
1 cucchiaio di rum scuro
1 bustina di vanillina (o un cucchiaio di aroma vaniglia)
1 pizzico di sale - per la farcitura

100 gr di crema spalmabile al cioccolato fondente  (io ho usato la mia, questa qui)


In un robot da cucina versare le nocciole e frullarle, eventualmente a intermittenza, sino a ridurle in una farina cremosa.
Aggiungere zucchero e burro a tocchetti, azionando di nuovo il robot per amalgamare.
Aggiungere farina, cacao, vanillina, rum e sale.
Azionare di nuovo il robot sino ad ottenere una consistenza simile ad una frolla.
Raccogliere l'impasto, compattarlo a mano e riporlo in frigo, avvolto nella pellicola, per  15 minuti. Accendere il forno in modalità ventilata e portarlo a 160° (regolarsi col proprio forno per tempi, temperature e modalità di cottura).
Riprendere l'impasto raffreddato e modellarlo in un lungo cilindro di circa 2 cm di diametro.
Tagliare il cilindro a metà, e dividere ogni metà in due, procedendo avanti così sino ad avere dei tocchetti uguali e in numero pari, come per fare gnocchi di patate.
Dare all'impasto una forma di biscotto ovale, di dimensione più grande dei baci di dama.
Disporre i biscotti su una teglia coperta di carta forno e infornare per circa 25 minuti.
Sfornare e non toccare i biscotti sino a completo raffreddamento.

A questo punto accoppiarli, farcendoli con un po' di crema spalmabile al cioccolato.
Ma "non così tanta !  Mica sono dei Ringo !" mi ha rimproverato Clara.