venerdì 23 settembre 2011

Dopo il tandoori, il companatico: rooti bread


Come Barbara, anche io amo la cucina indiana; ne considero il suo tempio a Verona il ristorante Elefante blu, accanto alla basilica di San Zeno, gestito da un signore gentile, composto e dolce. Poiché adoro il pane naan, specie all'aglio e al formaggio, un giorno ho provato a realizzarlo in casa, seguendo una ricetta trovata su un manuale di cucina etnica edito da Giunti Demetra.
Ebbene, un flop così galattico in cucina fatico a ricordarlo.
Quando andai al ristorante nelle settimane successive raccontai l'accaduto al signor Elefante Blu, che perse per un minuto il suo aplomb e si mise a ridere di gusto, tenendosi la pancia e canzonandomi in maniera indegna. "Naan a casa ? Noooooooo..." Mi disse che il naan è difficilmente riproducibile in casa, in quanto viene cotto a temperature molto elevate, attaccato come un geco alle pareti di un forno in pietra, il tandoor.
Sul naan ho gettato la spugna, ma nel frattempo è arrivata Valentina con la ricetta del Rooti bread. Mi sembra giusto presentarla oggi, come companatico al pulàstar tandoori di ieri.

Per 8 rooti (2 persone)

Impastare:
250 grammi di farina zero
120 grammi d'acqua
30 grammi di olio di semi di girasole (non amando gli olii di semi, ho preferito optare per un olio d'oliva tenue, quasi inutile, tipo Sasso)
una punta di cucchiaino di sale (io ho utilizzato l'affumicato di Danimarca).



L'indicazione per chi usasse il Bimby è di 1'30" a velocità spiga. La resa con Bimby é un impasto molto elastico e per nulla appiccicoso, tanto da non necessitare farina per le successive lavorazioni. Nella planetaria o a mano ci si deve regolare a occhio, non avendo provato non saprei...
Formato l'impasto, darvi la forma di un cilindro, tipo mattarello, lasciandolo così a riposo per 10 minuti. Dopodiché dividerlo in otto pezzi uguali (la forma cilindrica aiuta, tagliando prima a metà, poi a metà le metà, poi di nuovo a metà), formare delle palline, tirarle con il mattarello e farle cuocere su una piastra ben calda, cuocendo da entrambi i lati. Io ho utilizzato il testo da piadine. Il livello di cottura dipende dai gusti... c'è chi lo ama più croccante, chi più crudino...
Da mangiare assolutamente caldo, magari con un chutney.

giovedì 22 settembre 2011

Pulàstar tandoori (con riso biryani)


Il quartiere dove ho trascorso infanzia e adolescenza, e dove tuttora abita la mia famiglia, è una zona d'edilizia popolare, sorta negli anni 60 per far fronte all'esigenza abitativa e popolata sin da allora da numerose famiglie di immigrati del sud Italia. Quando andavo in autobus alla scuola media c'era una signora meridionale che saliva con noi studenti al capolinea. Parlava a voce alta e si ostinava a esprimersi in dialetto lombardo, con un risultato decisamente buffo e scomposto. La signora G. comunicava urbi et orbi sul bus, ogni mercoledì e sabato, che stava andando al mercato a comperare il pollo allo spiedo. La cosa le era costata il soprannome di "Signora Pulàsctar", dacché proprio non le riusciva di pronunciare il pollo - il pulàstar, appunto - senza quella "sci" che tradiva le sue origini.
Con l'auspicio di celebrare tutti i melting pot, tutti i tentativi - ancorché rozzi e per questo tenerissimi - d'integrazione tra le culture, vi presento il mio pulàstar tandoori, una libera interpretazione del chicken tandoori indiano accompagnato da un vegetable quasi-biryani.

Cosa serve, per due persone:



Per il pollo
4 sovracosce di pollo (circa 650 grammi lordi, 400 netti)
1 vasetto di yogurt magro bianco (125 grammi)
2 cucchiai di tandoori masala in polvere
Per il riso
80 grammi di riso bàsmati
25 grammi di anacardi
1 falda peperone rosso (50 grammi)
1 falda peperone giallo (50 grammi)
1 zucchina piccola (75 grammi)
1 spicchio d'aglio
1 scalogno
1 cucchiaio di zenzero fresco grattuggiato
1 cucchiaio di curry in polvere
1 cucchiaio d'olio extravergine d'oliva
Il tandoori masala si trova facilmente nei negozi etnici (dove lo compro io), ma è recentemente apparso - con il marchio cannamela - anche all'esselunga, reparto spezie (non conosco la resa di questo tipo).

Come lo preparo:



1. Privare il pollo delle parti più grasse e della pelle, sciacquarlo e praticare dei tagli longitudinali profondi, sino ad arrivare all'osso;
2. Mescolare il tandoori masala con lo yogurt, quindi mettervi il pollo a marinare, badando bene che la salsa penetri nei tagli praticati (io uso i guanti in lattice per massaggiare il tutto). Riporre il pollo a marinare in frigorifero coperto per almeno due ore.
Per la cottura, disporre il pollo in una teglia senza alcun condimento (solo con carta forno bagnata e strizzata) e infornare in forno già caldo a 200° per mezz'ora, quindi abbassare a 150°-160° e cuocere per un'altra mezz'ora.
Mentre il pollo cuoce, è possibile dedicarsi al riso.

3. Tritare tutte le verdure a brunoise.
4. Sciacquare il riso sotto acqua corrente, quindi metterlo a bollire in acqua salata insieme agli anacardi per poco meno del tempo indicato sulla confezione (nel mio caso, cottura di 9 minuti anziché 10); scolare e distribuire su un piatto per intiepidire.
5. Preparare un soffritto ben brunito - come si usa in India - con un cucchiaio d'olio, cipolla, aglio e zenzero, aggiungendo in ultimo a tostare un cucchiaio di curry. Aggiungere peperoni e zucchine e fare saltare per pochi minuti. Far intiepidire.
6. Assemblare il piatto. Mescolare riso e verdure, disponendoli in una ciotola a cupolina utile per essere rovesciata (può essere una ciotolina da macedonia, uno stampino da budino usa e getta…). Tenere in caldo.
Al momento di servire, capovolgere sul piatto il riso, aggiungere il pollo caldo e servire



Con questo pulàstar tandoori partecipo a Get an aid in the kitchen, promosso da La Cucina di Barbara. Buon comple-blog, Barbara !

Anche io, come lei, ho deciso per una volta di dare i numeri, raccogliendo qua e là informazioni sulle calorie degli alimenti. L'attendibilità scientifica è la stessa garantibile da topo Gigio (e qui mi fermo)...

domenica 18 settembre 2011

Coccole retrò: di nuovo il polpettone


Il polpettone è uno di quei piatti che fa sempre casa, fa sempre mamma. Il polpettone è una coccola retrò.
Al mare, un amico - che chiameremo avvocato Marras, in onore del personaggio del fumetto Fisietto - seduto accanto a me, aveva espresso una incredibile voglia di polpettone. La bizzarria di quel desiderio, che profumava d'infanzia, era il contesto in cui veniva espresso. In pieno agosto, durante un pranzo a base di pesce all'ittiturismo di Arbatax, davanti ad una montagna di scampi che impedivano di vedere il commensale di fronte. Eppure mi aveva contagiato, era più di un mese che agognavo un polpettone.
Solo di recente ho avuto il coraggio di accendere il forno, dando sfogo a questo capriccio con la ricetta del Cavoletto ormai consolidata. Sulle carni, ho provato a dar retta a un macellaio di quartiere, che mi ha consigliato un poker di bianche: pollo, tacchino, coniglio e maiale. Non male, ma con la rossa lo preferisco; questa variante ha una resa troppo asciutta.


Noi che siamo nati negli anni '70 abbiamo avuto mamme che, pur lavorando, erano costrette a cucinare. Perché la "cucina con la forbice", come mi piace definirla, quella che oggi salva la vita a tante mamme lavoratrici, non c'era ancora. E il freezer, quando c'era, non era molto capiente. Tra il "fast food" di un tempo ci ricordiamo le scatole di pizza istantanea Star, quelle con l'imbuto dosatore in carta. O ancora il puré in fiocchi con la carne in gelatina. Abbiamo visto nascere i bastoncini findus, le pizzette catarì, i sofficini. Il resto, si faceva tutto in casa, seguendo il ricettario Carli o quello della Star. Per noi, il polpettone era quello della mamma, che impastava con le mani un sacco di ingredienti, spesso di risulta. Non era certo il bon roll.

sabato 17 settembre 2011

Le cipolle del buon vicinato



La mia vicina di casa Giusy, riportandomi una teglia per crostate che le avevo prestato l'altra sera, salvandola in zona cesarini, mi ha fatto omaggio delle sue cipolle rosse. E' da poco rientrata da una vacanza a casa nelle sue terre d'origine, in Calabria. Mi ha precisato che le cipolle rosse, quelle "vere" e comunemente note per essere di Tropea, sarebbero in realtà di Ricadi.
Non so se questa notizia sia la verità o una faida tra campanili, come molto spesso capita in Italia; comunque sia... adoro la cipolla e questo dono non ha resistito a lungo nel frigorifero: é finito nel ripieno di una torta salata insegnatami da Chef Fill.


Cosa serve:

Due fogli di pasta sfoglia (io ho utilizzato quella già pronta)
6 cipolle rosse di Tropea... o di Ricadi
200 grammi di prosciutto cotto a dadini
200 grammi di provola affumicata a dadini
70 grammi di grana padano grattuggiato
un uovo
timo
olio evo, sale e pepe

Tagliare le cipolle e metterle a stufare nell'olio; una volta pronte, farle raffreddare (scolarle se presentassero troppo liquido), poi unirvi il prosciutto, i formaggi, del timo, l'uovo. Aggiustare di sale e pepe a piacere. Disporre nella teglia il primo di strato di sfoglia, poi l'impasto del ripieno, poi il secondo disco, chiudendo i bordi.
E' importante ricordarsi di predisporre un camino di fuoriuscita del vapore sul disco superiore di sfoglia. Si può fare con un forellino dentro il quale inserire un cono di carta forno.
Francamente non sono stata così paziente: ho praticato un bel foro grande con un coppapasta al centro della preparazione.
Si può decorare e spennellare con uovo, a piacimento. Io non lo faccio... seppur mi piaccia l'effetto laccato della sfoglia spennellata con l'uovo, non amo quel retrogusto di tuorlo. Così di norma metto un po' d'olio e semi di sesamo.
In forno caldo a 180°, cuoce in 40 minuti.


A onor del vero e dei miei natali, nonché per alimentare la faida tra campanili, va detto che anche in provincia di Pavia si mangia una cipolla dolcissima e molto buona: è quella rossa di Breme.

domenica 11 settembre 2011

Turisti per casa

E' un buffo privilegio, quello di fare i turisti nelle proprie terre d'origine. Quello di guardare casa tua con la giusta distanza. Abitare sempre nello stesso luogo ti porta a fare il callo su tutto. A non accorgerti delle piccole meraviglie quotidiane così come di difetti terrificanti.

Venerdì sera sono stata ospite a Vigevano della mia amica C., una donna colta e pragmatica che - per professione e formazione - è un cicerone d'eccezione.
La piazza di Vigevano (perdonerete la fotografia scattata con il cellulare) è un gioiello d'arte di cui la provincia di Pavia può andar fiera; un salotto a cielo aperto che incanta sempre. Complice però una guida preparata e indigena, è stato facile andare oltre questa piazza, assecondare la mia curiosità urbana, passare ore con il naso all'insù, entrare in corti private e scoprire mondi sommersi tra i vicoli del centro storico, o ancora scoprire come la realtà multiculturale si sta declinando in questa cittadina.
Poi c'è stato l'esilarante incontro con la comunità locale, dove la mia fama mi aveva già preceduta a causa del post sui cantucci salati.
Inaspettato show dopocena all'Antico caffé Ducale, dove sono spuntati, come conigli da un cappello, nell'ordine: un simpatico barista, sveglio e attento ai suoi clienti, un geniale poeta maledetto e - last but not least - il playboy del Sarrabus, ovvero un sardo a metà strada tra Antonio Banderas e i Tazenda.
Da ripetere.

martedì 6 settembre 2011

Il burro salato... senza Fiandino.

Ho adorato l'approccio, tradizionale e al contempo moderno, con cui Fattorie Fiandino si è presentata a un consumatore esigente. Ha scelto canali qualificati, anche se non necessariamente elitari. Ha scelto anche il mondo dei blog, affidando genialmente a Sandra Salerno il coordinamento di un'impresa editoriale e commerciale geniale. Ha sollecitato una raccolta di ricette a base di burro salato Fiandino proposte dai blogger, facendole diventare dapprima un contest, poi un libro.
Ho comprato anche il libro, attendendolo per giorni, nonostante non sapessi dove trovare burro salato a Verona. Ne ho ordinata anche un'altra copia per un'amica.
Ho apprezzato la rapidità e la cortesia con cui il signor Lelio di Fattorie Fiandino ha risposto alla mia mail in cui chiedevo lumi su dove o come trovare i loro prodotti qui in zona, inoltrando la mia richiesta alla ditta Valsana (che suppongo curi la distribuzione per Fiandino).
E qui finisce la favola. E' passato oltre un mese. Nessuna risposta. Nessun abboccamento commerciale. Niente di niente.

E così, complici un Bimby che trasforma facilmente la panna in burro, uno stampo in legno in attesa di battesimo, una buona panna fresca di centrale e fleur de sel di camargue a disposizione... adieu valsana, goodbye Fiandino. Peccato, però.



Come ho fatto il burro salato in casa (con Bimby)

Ho frullato in un mini mixer idoneo a gestire piccole quantità 10 grammi di fleur de sel, cercando di renderlo più fine possibile.
Ho montato nel Bimby con l'accessorio farfalla 500 ml di panna fresca 4'/vel. 4
Trascorso questo tempo, ho aggiunto 100 ml di acqua fredda, montando di nuovo 1'/ vel. 4.
Quindi ho aggiunto il sale, 10 secondi a vel. 3-4.
Infine ho scolato e strizzato il burro, depositandolo in una ciotola con acqua fredda e ghiaccio in frigorifero per solidificare.

Per canzonare i piemontesi, dunque... è nato così Latte e fiele 2011: il primo burro salato da panne inquiete.
Non so se le proporzioni di sale siano ortodosse; il libro di cui sopra parla di una aggiunta di sale alle panne riposate non inferiore al 2%. Il risultato è goloso, decisamente sapido e chiama a gran voce pane e salmone.

PS - La bella porcellana bianca della foto é un bel regalo di Valentina, in vendita da Soufflé.

domenica 4 settembre 2011

Vernissage in cocotte: ragù

In occasione del mio compleanno ho ricevuto fantastici giocattoli da cucina, grazie ad Arianna, Clara, Enrico, Paola, Simone e Valentina. E qualche giocattolo me lo sono pure regalata da sola. Dunque... un candido mini piatto con cloche in porcellana che sembra fatto per il blog, una commovente cocotte in ghisa Staub blu oltremare, tre mini cocotte Staub in ceramica, un tagliere da formaggi, uno stampo in legno per il burro, il cannello da brulée, canovacci così fini che fa quasi timore usarli. Inoltre tre libri: Torte dolci e salate, In viaggio con Bimby e Il burro salato. Il tutto é da circa un mese in spasmodica attesa di battesimo. E di una collocazione definitiva nei miei pochi metri quadrati, che sono ormai a rischio di implosione.
Non sono stati certo viaggi in mete esotiche ad avermi tenuta lontana dai fornelli per tre settimane. Il caldo e alcune situazioni contingenti hanno fatto la loro parte, così da farmi agognare la prima domenica di pioggia per spentolare e iniziare l'inaugurazione dei balocchi. Oggi, eccomi accontentata.
E cosa preparare, se non una scorta di ragù per le prossime settimane, battezzando così Madame Staub ?



La cocotte di ragù, a modo mio

una cipolla grande
una carota e mezzo
una costa di sedano
qb olio evo
un bicchiere di vino
500 grammi di trita scelta
450 grammi di salsiccia tipo luganega non aromatizzata privata della pelle e sbriciolata
350 grammi di polpa di pomodoro bio (io uso alce nero)
un cucchiaio abbondante di aromi in polvere a gusto (tipo carvi, chiodo di garofano, cannella, anice stellato, noce moscata...)
due rametti di rosmarino
sale e pepe qb

Tritare a mixer le verdure (non finissime), quindi preparare un soffritto facendole rosolare a fiamma media con olio extravergine d'oliva; qunado il soffritto è rosolato aggiungere la carne e la salsiccia e fare rosolare, finché il tutto si è colorato e sbriciolato per bene. Poi sfumare con il vino e far evaporare. Aggiungere il pomodoro e tutti gli aromi. Quando il tutto ha ripreso bollore stabile, abbassare la fiamma al minimo e far cuocere coperto due ore. Assaggiare, correggere di eventuale sale e pepe, aggiungere eventuale acqua calda se risultasse troppo asciutto. Cuocere un'altra ora sempre a fiamma al minimo, coperto.

Devo dire che la cottura con Madame è favolosa. In tre ore, il sugo ha mantenuto un'ottima umidità. Come dichiara il produttore, il sistema di irrorazione costituito dalle numerose semisfere distribuite sulla superficie interna piatta del coperchio, determina un effetto "gocce d'acqua" che ricadono di continuo sugli alimenti nella cocotte. Il ciclo di irrorazione consente di preservare tutti i sapori e i valori nutrizionali degli ingredienti. E che dire della bellezza di questa pentola ?

Risultato: circa 1,3 kg di ragù, che - al netto dei fusilli odierni - stasera finirà in freezer in comode porzioni da etto.