domenica 20 novembre 2011

Domenica a Verona: la città che dorme, la fnac e i fondi di frigo. Breve storia di un cake salato radicchio e noci.


La domenica mattina, se sono a Verona, esco di casa abbastanza presto, prendo il mio caffé in pasticceria e mi incammino a piedi verso il centro, attraversando veronetta a naso in su, incantata dall'architettura e speranzosa di scoprire ogni giorno un abbozzo di cantiere, uno scampolo di riqualificazione di quello che ritengo uno degli squarci più belli e bistrattati di città.
E poi lungo ponte nuovo, via Stella, piazza Bra, porta Borsari e indietro, passando per piazza Erbe, via Cappello, ponte navi. Secondo caffé in pasticceria, qualora in mezzo non ci fosse scappato un "macchiatino con" da caffé Tubino.
Sono quei cinque chilometri a piedi (a bimestre) che a una cariatide come me danno l'illusione di aver perso mezza taglia e di essere pronta per il cammino di Santiago. E strizzano l'occhio indulgente a ogni caloria di troppo che arriverà nelle ore successive. Tutto questo accade verso le nove di mattino, sicché quando mi dirigo verso casa pensando a cosa cucinare, Fnac sta alzando le serrande e i veronesi cominciano ad arrivare in centro, facendomi sentire un salmone controcorrente.

Stamattina, al consueto pellegrinaggio fnac, reparto cucina (sì, quel reparto fornitissimo che cambia posto ogni mese, questa settimana è scivolato di due scaffali verso sinistra...) sono stata rapita dalla monografia di cake dolci e salati, edita da Guido Tommasi.
Ho resistito all'acquisto con un brevissimo training autogeno, dicendomi che, come spesso mi accade, riesco a comprare libri di cucina ritenendoli vitali e poi non fare nemmeno una delle ricette contenute per anni.
Tuttavia mi è rimasta, dalle 10.15 di stamattina, una certa qual voglia di cake salato. Così, verso ora di cena ho abbozzato un cake salato con funzione svuotafrigo, classico della domenica sera.

Cosa ho usato

60 grammi di farina integrale antico molino rosso
120 grammi di farina zero antico molino rosso
3 uova (in vero ho usato 180 grammi di albumi, reduci da un semifreddo zabaione)
1 bustina di lievito istantaneo per torte salate
10 grammi di latte
30 grammi di olio (10+20)
1 scalogno piccolo
40 grammi di noci
100 grammi di groviera
70 grammi di radicchio di Verona
70 grammi di duetto - mascarpone e gorgonzola (anche questo un fondo di frigo)
Sale e pepe


Come l'ho preparato

Il cake svuotafrigo è stato realizzato con Bimby, che mi consente di utilizzare un solo recipiente per tutti i passaggi, ma è assolutamente fattibile con le vie tradizionali.
Le mie istruzioni per il robot sono queste:

Ho tritato le noci grossolanamente, 5" / vel. 5, le ho messe da parte
Ho tritato il groviera 10" / vel. 7, ho messo da parte
Ho tritato lo scalogno 5" / vel. 5, ho aggiunto 20 grammi d'olio e ho soffritto, 3'/ 100° / vel. soft
Ho aggiunto il radicchio a striscioline, ho dato un colpetto a velocità turbo, ho aggiunto un'ombra di vino bianco e l'ho stufato 3'/ varoma / vel. soft / antiorario; ho messo da parte e ho pulito il boccale.
Ho messo nel boccale le uova, il latte e l'olio rimasto, sale e pepe e ho montato il tutto per 2' / vel. 4
Ho aggiunto le farine e il lievito, e ho amalgamato 1' / vel. 4
Ho aggiunto tutto il resto (noci, radicchio, groviera, duetto a tocchetti) e ho amalgamato di nuovo, stavolta con la funzione antiorario, per evitare di frantumare troppo noci e radicchio, per 1' / vel. 4
Ho imburrato e cosparso di pan grattato uno stampo da cake e ho versato il composto, che ha cotto in forno a 180° per 40 minuti.

martedì 1 novembre 2011

Dei sepolcri e del brasato con polenta


Il pranzo dei giorni festivi a casa di mamma richiama giocoforza momenti e piatti autunnali o invernali. Non credo ci sia una mamma meritevole di passare alla storia per l'insalatona con il tonno in scatola, suvvia. Sì, insomma... le mamme in cucina diventano famose per quei piatti fumanti e aromatici, quelle cotture lunghe che difficilmente ti metteresti a fare. Forse a Napoli la genovese, a Pavia la trippa, per esempio... La cucina della mamma è comfort food.
E di comfort food ce n'è proprio bisogno il primo di novembre, dopo il tour ufficiale per sepolcri. Un rito collettivo a cui mi sottopongo esclusivamente per rispetto alla mia genealogia passata e presente ma che trovo volgarmente pubblico e consumistico, alla stregua di San Valentino. Lo dico da vivida sostenitrice della Legge 130/2001, in particolare dell'art. 3 commi c ed e (rispettivamente diritto alla dispersione o affido familiare delle ceneri), convinta che gli affetti non debbano avere date, luoghi e tariffe comunali per essere celebrati o ricordati, e che la cosa sia un fatto estremamente privato.

Per fortuna, dopo l'escursione al monumentale, a casa di mamma c'è un favoloso brasato con polenta. Il salto tra le due tematiche è un po' poco lubrificato, mi rendo conto, ma tant'è. D'altro canto non sarebbe latte e fiele.


Come mamma ha preparato il brasato


Ha utilizzato un pezzo di manzo piemontese, un girello di spalla. Ha rosolato in pentola con olio un po' di cipolla, carota, sedano (tritati molto gossi). Ha aggiunto una garzina con alloro, rosmarino e chiodi di garofano; ha sigillato la carne in quel battuto, sfumando con un po' di vino rosso e aggiungendo in seguito un po' di passata di pomodoro e del brodo, preparato con il mio dado di carne, fatto in casa.Poi ha chiuso la pentola a pressione e se ne è parlato un'ora e dispari dopo.Questa fase per me resta un mistero. Le pentole a pressione mi fanno una paura fottuta. Irrazionale, lo so. Ma per me non poterne governare il contenuto, non poter mettere il naso nella casseruola mentre qualcosa cuoce è una tortura cinese. Le cotture a pressione per me restano un grande black hole.A cottura ultimata ha tolto la carne, preparando il sugo di accompagnamento. Ha tenuto da parte metà del fondo di cottura in pezzi e ha frullanto l'altra metà con il minipimer, allungandolo con un filo d'acqua bollente, poi ha unito il tutto e lo ha versato sul brasato.Nel frattempo abbiamo preparato la polenta. Siccome anche le mamme si evolvono, abbiamo preparato una polenta 2.0, ossia cotta al microonde con le istruzioni della prof di matematica (di cui ho già detto).


Come si cuoce la polenta a microonde


Per 4 persone
300 grammi di polenta non istantanea. (Noi abbiamo utilizzato una farina di mais dell'oltrepo, regalo di Vanna, proveniente dal Molino Bruciamonti di Santa Maria della Versa - PV);
1,5 litri d'acqua quasi bollente e salata;
1 cucchiaino d'olio.
Far bollire l'acqua, ben salata, a parte. In una terrina che vada in micoonde versare l'acqua bollente e salata, emulsionarvi il cucchiaino d'olio e versarvi a pioggia, mescolando con una frusta, la farina di mais. Poi cuocere a microonde, prima 5 minuti a 800 watt, poi 13-15 minuti a 500 watt, coperta con i coperchi forati in plastica specifici per microonde. Mescolare nuovamente per amalgamare meglio il composto e servire. Questa tecnica fa diventare quasi istantanea una polenta che altrimenti avrebbe richiesto 40 minuti di fuoco e gomito. Se non l'avessi vista (e assaggiata), non ci avrei creduto.
Tra pentola a pressione e microonde, devo ammettere che in fondo mia mamma è più smart di me... Se va avanti così, c'è solo da sperare che non si apra un profilo su feisbuc.