mercoledì 14 agosto 2013

Italiani, stranieri e Nigell(issim)a.



Domenica scorsa, in una pausa d'attesa alla libreria della stazione, ho acquistato l'ultimo libro di Nigella Lawson, ispirato alla cucina del nostro paese, Nigellissima.

A dirla tutta, per giorni sono stata combattuta prima di decidermi a prendere questo libro... non riuscivo a capire se mi sarebbe potuto piacere o meno. In un rigurgito di orgoglio patrio, rifiutavo l'idea di accettare input gastronomici pseudo italiani da un'inglese. Ma ho voluto fidarmi di Valeria, con cui mi trovo spesso in sintonia, e che da Nigellissima ha già provato con successo una ricetta di baby melanzane [qui].
Dunque Nigellissima, già domenica, mi ha fatto compagnia in terrazza, in queste ore oziose di congedo sulla sponda veronese del lago di Garda.

Cheddire. Dopo aver letto alcune proposte ero tentata di scatenare un incidente diplomatico, chessò... chiamare l'ambasciata inglese in italia (e quella italiana a Londra). Perché ? 
Ci sono almeno cinque ricette a cui bisognerebbe aggiungere il disclaimer "Don't try this at home". Eccole, in ordine sparso:
1. Polpettizza (nella versione originale si chiama Meatzza, una mega svizzera cotta in padella e guarnita come una pizza margherita)
2. Pasta al cioccolato con noci pecan e caramello
3. Finto puré (fatto col semolino... aiuto)
4. Minestrone di tortellini
5. Risoni con piselli e pancetta (sì, la pastina da Villa Arzilla proposta asciutta, anche semplicemente bollita come accompagnamento di secondi ! )
Ci sono poi interpretazioni bizzarre delle nostre abitudini alimentari, tipo la caprese (pomodoro e mozzarella, non la torta !)  proposta per il menu di Natale.
C'è la altrettanto buffa credenza che basti aggiungere vermouth o marsala per rendere italiano anche un pudding.

Lunedì però era giorno di mercato a Torri del Benaco, così mi è capitato di scendere in paese a far compere, tra pochi italiani e molti turisti, in primis tedeschi, seguiti da olandesi e inglesi a parimerito.
A passeggio nelle strette vie del centro storico di Torri mi sono scontrata con il "cibo per turisti". Intere vetrine piene di preparazioni gastronomiche vendute come specialità italiane ma appositamente studiate per il mercato estero, e che nessun italiano di buon senso si sognerebbe di acquistare. Pasta di formati improbabili e in technicolor, o ancora preparati secchi come fieno per aglio-olio-peperoncino, per non parlare del limoncello color Cebion in bottiglie drammaticamente kitsch a forma di stivale.
Poi i ristorantini "per loro", menu con foto e tagliatelle alla bolognese ovunque. Di lavarello o luccio alla gardesana, manco l'ombra.
Questo nostro modo di presentare l'Italia a tavola agli stranieri, anche i più onestamente avidi di conoscere la nostra cucina, mi ha fatto cambiare gli occhiali da lettura con cui stavo sfogliando Nigellissima.

Ho tolto le lenti autarchiche e ipercritiche e mi sono detta: dannazione, questa signora ama l'Italia molto di più di quanto facciamo noi, checché se ne dica. Ed ha messo insieme 250 pagine di ricette che, al netto dei 5 warning sopra segnalati e di poco altro, potrei accettare di mangiare, forse pure di replicare.
Per favore, non chiamiamo Nigellissima libro di cucina italiana (come ho letto qua e là), ma consideriamolo - come personalmente ritengo sia - un appassionato omaggio all'Italia.

venerdì 2 agosto 2013

Threef n. 2 e tempo di nuovi timballi


Il principe aveva troppa esperienza per offrire a degli invitati siciliani in un paese dell’interno, un pranzo che si iniziasse con un “potage”, e infrangeva tanto più facilmente le regole dell’alta cucina in quanto ciò corrispondeva ai propri gusti. Ma le informazioni sulla barbarica usanza forestiera di servire una brodaglia come primo piatto erano giunte con troppa insistenza ai maggiorenti di Donnafugata prché un residuo timore non palpitasse in loro all’inizio di ognuno di questi pranzi solenni. Perciò quando tre servitori in verde, oro e cipria entrarono recando ciascuno uno smisurato piatto d’argento che conteneva un torreggiante timballo di maccheroni, soltanto quattro su venti persone si astennero dal manifestare una lieta sorpresa: il principe e la principessa perché se l’aspettavano, Angelica per affettazione e Concetta per mancanza di appetito. Tutti gli altri (Tancredi compreso, rincresce dirlo) manifestarono il loro sollievo in modi diversi, che andavano dai flautati grugniti estatici del notaio allo strilletto acuto di Francesco Paolo. Lo sguardo circolare minaccioso del padrone di casa troncò del resto subito queste manifestazioni indecorose.  Buone creanze a parte, però, l’aspetto di quei babelici pasticci era degno di evocare fremiti di ammirazione. L’oro brunito dell’involucro, la fraganza di zucchero e di cannella che ne emanava non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi impigliate nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio
G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo


Anche questo numero della rivista Threef, uscito ieri, toglie il fiato. I contributi dei fotografi, quello dei compagni di viaggio e il lavoro del team di redazione... è tutto strabiliante. Sono noiosa e ripetitiva, lo so, ma non finirò mai di sentirmi onorata di essere parte di questa avventura.

... E il dietro le quinte ? Ogni bimestre, il mio contributo a Threef riesce a gettarmi in uno stato di ansia incredibile. Di fronte ad ogni puntualissimo call for abstract mi prende il blocco creativo e la scadenza sembra sempre troppo dietro l'angolo.
Potete immaginare la mia espressione, quando le tre F che coordinano la pubblicazione ci hanno scritto dicendo: il tema del prossimo numero, in uscita ad agosto, sarà il tempo. Come sarebbe "il tempo" !?! mi dico... già immaginando un tema banale tipo il mare, la sabbia, il mediterraneo, le dolomiti, la Grecia, il menu senza-fornelli.
Passato lo sconcerto iniziale, mi sono applicata e qualcosa sul filo del tempo ho prodotto.

Innanzitutto, per tutti i contributi ho usato il farro, la più antica varietà di frumento coltivata dall'uomo.

Dapprima ho interpretato il tempo inteso come ispirazione vintage, come piatti d'antan. Mi è balzato alla mente il timballo, un'ispirazione gattopardiana, che vi propongo reinterpretata ai giorni nostri, decisamente alleggerita e preparata con una pasta integrale di farro.

Infine, ho pensato al tempo inteso come velocità di realizzazione delle ricette, al fast food e allo slow fast food. Così, ecco che anche un semplice e veloce croque monsieur può diventare più slow se decidiamo di prepararci da soli il pan brioche. Naturalmente, con farina di farro.

Buona lettura !