Domenica scorsa, in una pausa d'attesa alla libreria della stazione, ho acquistato l'ultimo libro di Nigella Lawson, ispirato alla cucina del nostro paese, Nigellissima.
A dirla tutta, per giorni sono
stata combattuta prima di decidermi a prendere questo libro... non
riuscivo a capire se mi sarebbe potuto piacere o meno. In un rigurgito
di orgoglio patrio, rifiutavo l'idea di accettare input gastronomici
pseudo italiani da un'inglese. Ma ho voluto fidarmi di Valeria, con cui
mi trovo spesso in sintonia, e che da Nigellissima ha già provato con
successo una ricetta di baby melanzane [qui].
Dunque Nigellissima, già domenica, mi ha fatto compagnia in
terrazza, in queste ore oziose di congedo sulla sponda
veronese del lago di Garda.
Cheddire. Dopo aver letto alcune proposte ero tentata di scatenare un incidente diplomatico, chessò... chiamare l'ambasciata inglese in italia (e quella italiana a Londra). Perché ?
Ci sono almeno cinque ricette a cui bisognerebbe
aggiungere il disclaimer "Don't try this at home". Eccole, in ordine sparso:
1. Polpettizza (nella versione originale si chiama Meatzza,
una mega svizzera cotta in padella e guarnita come una pizza margherita)
2. Pasta al cioccolato con noci pecan e caramello
3. Finto puré (fatto col semolino... aiuto)
4. Minestrone di tortellini
3. Finto puré (fatto col semolino... aiuto)
4. Minestrone di tortellini
5.
Risoni con piselli e pancetta (sì, la pastina da Villa Arzilla proposta
asciutta, anche semplicemente bollita come accompagnamento di secondi !
)
Ci sono poi interpretazioni bizzarre delle nostre abitudini
alimentari, tipo la caprese (pomodoro e mozzarella, non la torta !) proposta per il menu di
Natale.
C'è la altrettanto buffa credenza che basti aggiungere vermouth o marsala per rendere italiano anche un pudding.
C'è la altrettanto buffa credenza che basti aggiungere vermouth o marsala per rendere italiano anche un pudding.
Lunedì però era giorno di mercato a Torri del Benaco, così mi è capitato di scendere in paese
a far compere, tra pochi italiani e molti turisti, in primis tedeschi,
seguiti da olandesi e inglesi a parimerito.
A passeggio nelle strette vie del centro storico di Torri mi sono scontrata con il "cibo per turisti". Intere vetrine piene di preparazioni gastronomiche vendute come specialità italiane ma appositamente studiate per il mercato estero, e che nessun italiano di buon senso si sognerebbe di acquistare. Pasta di formati improbabili e in technicolor, o ancora preparati secchi come fieno per aglio-olio-peperoncino, per non parlare del limoncello color Cebion in bottiglie drammaticamente kitsch a forma di stivale.
A passeggio nelle strette vie del centro storico di Torri mi sono scontrata con il "cibo per turisti". Intere vetrine piene di preparazioni gastronomiche vendute come specialità italiane ma appositamente studiate per il mercato estero, e che nessun italiano di buon senso si sognerebbe di acquistare. Pasta di formati improbabili e in technicolor, o ancora preparati secchi come fieno per aglio-olio-peperoncino, per non parlare del limoncello color Cebion in bottiglie drammaticamente kitsch a forma di stivale.
Poi i
ristorantini "per loro", menu con foto e tagliatelle alla bolognese
ovunque. Di lavarello o luccio alla gardesana, manco l'ombra.
Questo nostro modo di presentare l'Italia a tavola agli
stranieri, anche i più onestamente avidi di conoscere la nostra cucina,
mi ha fatto cambiare gli occhiali da lettura con cui stavo sfogliando
Nigellissima.Ho tolto le lenti autarchiche e ipercritiche e mi sono detta: dannazione, questa signora ama l'Italia molto di più di quanto facciamo noi, checché se ne dica. Ed ha messo insieme 250 pagine di ricette che, al netto dei 5 warning sopra segnalati e di poco altro, potrei accettare di mangiare, forse pure di replicare.
Per favore, non chiamiamo Nigellissima libro di cucina italiana (come ho letto qua e là), ma consideriamolo - come personalmente ritengo sia - un appassionato omaggio all'Italia.