giovedì 11 agosto 2011

Senza vergogna

Certo che non hanno proprio vergogna, lì a Roma. Stanno preparando una manovra che incula nuovamente gli unici italiani inculabili, ossia i lavoratori dipendenti, e ovviamente sono pronti al varo nelle classiche settimane di distrazione feriale collettiva. Così quando torni da Viserbella ti trovi il regalo.
Poi, per pulirsi la coscienza e per mettere un segno di spunta sulla checklist politica alla voce "politiche antievasione", partono con uno spot televisivo anti furbetti fiscali.
Che ti vien da dire che la politica anti evasione la fai in silenzio con le fiamme gialle, non con la pubblicità. Ma d'altro canto, un paese che ha fatto la politica antipandemica con topo gigio, ci sta che faccia quella anti evasione con uno spot. E con la firma di quel ministro. Quel ministro che paga un affitto non registrato, allungando brevi manu qualche migliaia d'euro in busta chiusa. Quel ministro commercialista che nel 2008 ha dichiarato un reddito imponibile inferiore a quello di un impiegato.
Chissà se, per la campagna pubblicitaria, Saatchi & Saatchi l'hanno pagata in nero.

martedì 9 agosto 2011

Stavamo meglio quando stavamo peggio



Gli anni passano e, nei giorni attorno al mio compleanno, scopro una vecchia foto che mi vede in cucina, scattata nella casa che si prendeva in affitto per le vacanze, in collina.
Quando ero piccolina, si facevano le vacanze a Sant'Albano, una piccola frazione del comune di Ponte Nizza, nell'oltrepò pavese. Esattamente come a Dallas c'erano solo gli Ewing e i Barnes, a Sant'Albano gli abitanti o erano Rossi, o Schiavo.
C'erano tre imperdibili attrattive. Il forno, che sfornava dei biscotti buonissimi, ma che ricordo grandi come mattonelle. Erano di una frolla brunita, tagliati rettangolari come capitava con la rotella dentata da ravioli. Dal forno, che sulla soglia aveva quelle tende a fettuccia di plastica trasparente che non si vedono più, usciva profumo di pane vero, di quello ormai estinto e non ancora sintetizzato chimicamente.
Poi c'era la passeggiata nel bosco con le due fontanelle d'acqua surgiva, l'acqua solforosa e quella della madonna (così denominata per la statua votiva, non per il gusto). Si andava a prenderla con le borracce, in mezzo ai ragni, alle rane e ai muschi. Altro che Brita e plin plin.
Terza attrattiva, la coppa del nonno, il gelato al caffé che mi comprava al pomeriggio mio nonno Giuseppe. Tant'è che ho realizzato sono in anni recenti che "la coppa del nonno" fosse il brand del prodotto. Per me così si chiamava perché me la offriva lui. Mio nonno aveva uno spirito pulp: mi portava a bruciare i formicai con l'alcool e la carta da giornale, a staccare la coda alle lucertole, a mettere sotto conserva le lucciole. Roba che oggi gli animalisti lo avrebbero fatto arrestare.
Mia nonna, sua moglie, avrebbe dovuto portare un nome bellissimo, Ada. Uso il condizionale perché l'inizio della sua vita, della sua identità, nel 1910, si scontrò contro l'ignoranza onomastica di un ufficiale dell'anagrafe che, aggiungendo una D a caso, la costrinse tutta la vita a chiamarsi Adda, come il fiume. E così finì per essere per tutti Dina. Fu mia nonna Dina a comprare la crostata che vedete, al forno di sant'Albano, a metà degli anni settanta.

lunedì 1 agosto 2011

E son soddisfazioni

E certo che son soddisfazioni.
Non capita tutti i giorni.
Insomma, a lavoro i feedback positivi non piovono gratis.
Il vicepresidente - e dico: il vicepresidente - oggi mi ha detto: "hai un futuro".
Davanti a testimoni.

No, non si riferiva al mio contributo al sistema impresa.
Parlava della crostata di pesche bianche e lavanda che ho portato in ufficio.
Devo cominciare a preoccuparmi ?