lunedì 23 dicembre 2013

Natale 2013 e i regali last minute in barattolo: la nutella vegetariana


A Natale son tutti più buoni.
Sarà perché sono una persona abbastanza coerente, che venerdì mi sentivo stronza come a novembre.
Nothing more, nothing less.
Forse qualcosa more a favore del lato bastardo, a ben vedere.
No, dai. E' che venivo da una settimana allucinante.

Lunedì, per un'emergenza da gestire, sono uscita dall'ufficio all'una di notte, dopo 18 ore alla scrivania.
Martedì giornata piena con tanto di evento natalizio della megaditta, classico cinepanettone aziendale (quest'anno chiusosi con una bella sorpresa che ha fortunatamente innalzato il clima fantozziano di questi abominevoli fine anno coi colleghi).
Mercoledì sveglia alle 6 e giornata intera a Roma.
Giovedì mattina avviata con fogna impazzita, cortile invaso dai liquami, seguito da furto di 20€ ad opera del distributore automatico Q8. E il capo che mi aspettava per discutere la pagella di fine anno.
Venerdì, ultimo giorno con riunione fiume dalle 10:30 alle 16.
Mi sono svegliata sabato con un umore pessimo, i regali ancora da fare e un centro città che non avrei voluto vedere neanche da google earth.
Cheffare, se non ricorrere al Do-It-Yourself ?
Ho comprato l'occorrente nella cioccolateria di Veronetta, qualche favetta di cacao pralinata, ho acceso il robot e preparato... cinque barattoli da mezzo chilo, per un totale di due chili e mezzo di nutella vegetariana fondente per i miei amici.

La ricetta è copyright della mitica Giovanna, che è attenta alle materie prime e ha un bimbo abbastanza intollerante al lattosio pertanto, partendo dalla ricetta bimby:
non tocca le nocciole (60g) ma sostituisce ...
il cioccolato al latte con 100g di cioccolato fondente 55% e 50g 72%
il burro con 60g di olio di semi (io preferisco olio d'oliva leggero, tipo sasso)
il latte vaccino con 120g di latte di soia (un po' di più, per compensare la solidità del cioccolato fondente)
lo zucchero bianco con 100g zucchero di canna dulcita, frullato a velo.

Ho dunque frullato zucchero e nocciole 10"/vel 9
Ho aggiunto il cioccolato e sminuzzato 10"/vel 8
Ho aggiunto i restanti ingredienti e cotto 7'/100gradi/vel4.

Sabato mattina, in pantofole con Bublé chiuso nello stereo che canta natale e cioccolata ovunque, mi sono riconciliata con le feste.
E forse, con un dolce in un vasetto, mi sono riconciliata col mondo dei blog.
Mi sa che Santa Claus is coming to town ha il potere di ammorbidirmi.
Ma non ditelo in giro.


Auguri.



Consigli bibliografici per Natale:

Merry Christmas, di Csaba dalla Zorza (luxury books)
Regali golosi, di Sigrid Vebert (giunti)
Christmas, di Donna Hay (guido tommasi)
Natale in cucina - Mon petit bistrot, di Claudia Ambu (malvarosa)
Idea regalo:
Biscotti di Natale, di Barbara Torresan (guido tommasi) anche in cooking box, cofanetto con le formine tagliabiscotti

venerdì 13 dicembre 2013

In secondo piano. Un piccolo arrosto di vitello.

 

Ho sempre avuto voglia e curiosità di prendere maggiore confidenza con la cottura delle carni, quelle serie, da pranzo della domenica per intenderci.
Poi, vuoi l'endemica mancanza di tempo per le fasi di ricerca e sviluppo, vuoi la monocomposizione del nucleo familiare, non mi ci sono mai dedicata.
Cosa volete mi faccia la sera per cena dopo 12 ore in ufficio ? Uno stinco steccato con i chiodi di garofano al forno ? Un brasato al barolo ? Un roastbeef da chilo ?
Di norma mi faccio il kebab all'angolo.
E quando vengono gli amici, meglio optare sul consolidato polpettone della domenica che rischiare un flop in diretta.

Per l'arrostoterapia, il mondo dei blog non aiuta. Non "siamo" né carne nè pesce, nel senso: un gran fiorire di macaron, cupcake, muffin e amenità varie.
Che se alimentassimo i nostri figli a menu da blog, l'OMS ci avrebbe già tolto la patria potestà.
Eppure siam tutti lì a postare qualsiasi cosa sia bello da vedere, possibilmente dolce e stia in un vasetto.
Tant'è che quando, pochi giorni fa, Claudia ha pubblicato un altro dei suoi mitici arrotolati di pollo, l'avrei baciata sulla fronte.

Diciamolo, una lombata non è granché fotogenica. Un cosciotto d'agnello nel fido bormioli non ci sta. Anche se ne ho visto uno da 4 litri che potrebbe fare al caso dell'agnello.
E vogliamo parlare del pesce arrosto nei blog ? Non scherzo, che l'ho fatto davvero un rombo chiodato al forno. Con l'idea di postarlo per voi. Mi dicevo: com'è che non c'è pesce nei blog, al massimo due gamberi sfigati. Ci penso io ! Un rombo intero da chilo, per me sola, con le patate tagliate fini.
L'ho sfornato, era triste e brutto come un lines seta ali.
Dovevo immaginarlo, perché solo gamberi nei blog.

Così, qualche sera fa ho partecipato con la mitica Valeria ad un corso base di arrosti, tenuto dallo chef Luca Fasoli.
Un'interessante carrellata di carni (agnello, anatra, vitello, maiale) e dritte per gestire con maggiore consapevolezza la preparazione degli arrosti, la cottura e la deglassatura dei fondi.
Tanto buonissimo arrosto da assaggiare, ma anche tanto fumo da deglassare dagli abiti e dai capelli. Gli incidenti del mestiere.
Ora vi lascio, che mi chiude il kebabbaro.



Arrotolato di vitello con aromi

Aromi freschi qb: salvia, rosmarino fresco, aglio, sale e pepe
1 copertina di vitello aperta per un rotolo
4 fette di pancetta
olio e.v.o.
circa 150 ml vino bianco
1 tazza brodo vegetale o acqua calda
1 cucchiaino di maizena

patate piccole bio, con la buccia


Preparare un trito di aglio, salvia e rosmarino.
Farcire la copertina di vitello con il trito e un paio di fette di pancetta e arrotolarla.
Bardarla con un paio di fette di pancetta tesa e una stecca di rosmarino.
Legarla con lo spago da cucina.
Scaldare una padella antaderente con due cucchiai d'olio, sigillare la carne girandola da tutti i lati.
Nel frattempo preriscaldare il forno a 200°.
Disporre l'arrosto sigillato in teglia e aggiungere il vino bianco e le patate tagiate a quarti.
Infornare sino a quando la temperatura al centro non raggiunga i 65° / 70° (dipende dalla dimensione della carne, nel mio caso 40-45 minuti).
Una volta cotto, deglassare il fondo portando la teglia sul fuoco.
Aggiungere al fondo di cottura un mestolo d'acqua calda o di brodo vegetale, facendo sciogliere i sughi di cottura. Aggiungere anche un cucchiaino di maizena sciolto in acqua.
Far restringere sino a consistenza desiderata e versare sull'arrosto.

domenica 1 dicembre 2013

Gnocchetti al Graukäse e Lagrein per Threef n. 4



E anche questo dicembre è arrivato, con il quinto numero di Threef (già, c'era anche il numero zero...).
Un numero lieve e decisamente festivo, ma volutamente non natalizio.
Venti ricette di stagione tra cui, per gli appassionati di golosità, molti dolci, ci accompagnano verso il fine anno in punta di piedi: nulla di stucchevole o di pretezioso.
I colori, gli ingredienti, le foto, accennano qua e là ad un natale garbato, senza maiuscole.

L'ispirazione per il mio contributo a questo numero è nata incredibilmente fuori stagione, durante le mie vacanze estive in Alta Badia. Sapori, colori e profumi che ho portato a casa, archiviato (anche nel freezer!) e recuperato per mesi in cui tutti sognano di avere una baita in città.

Ecco dunque dei gnocchetti di patate al Graukäse con una riduzione di Lagrein.
Come suggerisce la signora Erica, che gestisce un maso e organizza corsi di cucina ladina, qualora risulti difficile in città procurare il formaggio grigio di montagna, si può optare per una variante di formaggio locale.
Quale ? le chiesi timidamente. Qualunque, rispose secca. Purché puzzi.

Insomma, spero che anche a voi, sfogliando queste pagine, venga voglia di poltrona e plaid a quadri, senza sentire necessariamente suonare jingle bell.

Buona lettura


giovedì 31 ottobre 2013

Casarecce con crema di zucca bertagnina, tastasal e rosmarino


Dopo le cipolle di Breme di cui ho già raccontato, è la volta della zucca di Dorno. L'ultimo pellegrinaggio gastronomico per sagre di mamma e papà è stato sempre in Lomellina, a Dorno, in occasione della sagra della zucca bertagnina, un altro prodotto a denominazione d'origine comunale che - mi dicono - ha pure un profilo su FB.

E' una zucca verde, dal fondo più stretto e bitorzoluto, che la fa assomigliare a un berretto. E' a questo che deve il suo nome: "bartò" era il nome dialettale del copricapo usato nel lavoro agricolo.
Mamma è stata folgorata da un risotto preparato dallo chef Sergio Barzetti, con zucca e raspadura e sfumato alla birra.
Aspettando il promesso remake del risotto da parte di mamma, uso un pezzo di zucca bertagnina per festeggiare halloween con una pasta che unisce due territori: il pavese e il veronese.

A proposito di halloween...Ho il senso materno di Erode, sappiatelo. Bambini, non provateci a suonarmi il campanello con dolcetto o scherzetto, che vi sfilo un femore e ci gioco a cricket.

Per le casarecce con crema di zucca bertagnina, tastasal e rosmarino
per 4:

150 g zucca già cotta a vapore, insieme a uno spicchio di cipolla
300 g tastasal (in alternativa, salsiccia)
50 ml vino bianco
un ciuffo di rosmarino fresco
400 g pasta corta, es. casarecce
olio e.v.o.
sale, pepe

Tritare il rosmarino molto fine, a mezzaluna, e metterlo in infusione in un po' d'olio extra vergine, mettere da parte.
Portare a bollore l'acqua di cottura della pasta, salata.
Nel frattempo, tostare il tastasal sbriciolato in una padella antiaderente senza condimenti aggiunti, sino a che colora, sfumando con il vino bianco. Tenere da parte in caldo.
Nel bicchiere del frullatore a immersione inserire cipolla e  zucca cotte, correggere di sale e pepe e aggiungere un po' di acqua di cottura della pasta, gradatamente. Frullare aggiungendo eventuale altra acqua sino ad ottenere una consistenza molto cremosa.
Cuocere la pasta secondo il tempo indicato, scolare.
Mescolare con la crema di zucca e il tastasal e impiattare.
Finire i piatti con l'emulsione di rosmarino.


... E resisto senza calze. Due aulin al giorno, ma senza calze !!!







martedì 22 ottobre 2013

Cake di zucca, stilton e noci. E le scarpe da pioggia.



E' decisamente autunno. Nei giorni scorsi, sballottata tra Roma, Bari, Cagliari, aerei, treni, sale riunioni in albergo, partenze alle cinque e rientri notturni, non me ne ero accorta. Ma sono bastati tre giorni stanziali per capire che l'autunno è arrivato.
Sto maturando la convinzione sia la mia stagione preferita, gastronomicamente parlando.
Porcini, castagne, radicchio, frutta secca, zucca, profumi affumicati... tutto ciò che più mi piace per gusti, colori, profumi, parla d'autunno.

Poi arriva l'autunno fuori dal piatto. E la poesia si rompe.

Ci sono tre cose che mi fanno partire storta una giornata.
In ordine di apparizione:
1. Non riuscire a mettere il paio di scarpe che vorrei, ad esempio causa maltempo.
2. Non riuscire a fare colazione al bar prima di partire alla volta dell'ufficio.
3. Le riunioni di lavoro pianificate alle 9.00, o anche prima.
Sulla quarta variabile, il non riuscire a indossare il fisico e la faccia che vorrei, meglio sorvolare.

Temo che questa sia l'ultima settimana senza calze. E' davvero finita.
E le scarpe da pioggia incombono, con giramenti di palle incorporati.


Cake di zucca, stilton e noci

200 g zucca cotta
180 g farina zero
1 uovo grande e 2 albumi
circa 150ml latte
100 g olio di oliva
100 g groviera
100 g formaggio erborinato piccante (io ho usato lo stilton)
10 noci
1 bustina lievito istantaneo per preparati salati


Schiacciare la zucca con la forchetta sino a ridurla in puré.
Tritare grossolanamente le noci, lasciando qualche mezzo gheriglio intero, mettere da parte.
Tritare anche il groviera, mettere da parte.
In una ciotola capiente (o per praticità nel mixer) amalgamare le uova e una quantità di latte sufficiente a raggiungere un peso totale di circa 280 grammi. Aggiungere l’olio e miscelare poco.
Aggiungere le farine, il lievito, la zucca in crema, il groviera tritato, il formaggio erborinato a tocchetti, le noci sminuzzate (non quelle a metà, se usate un mixer), sale e pepe. Miscelare ancora energicamente.
Foderare lo stampo da cake di carta forno, versarvi l'impasto fino a 2/3 dello stampo, aggiungere le mezze noci inserendole nell'impasto.
Infornare a 170° ventilato per 45 minuti (regolarsi secondo la potenza e le caratteristiche del proprio forno).

Versione per bimby TM31: 
Mettere nel boccale il groviera e sminuzzarlo qualche secondo a vel. 6, poi mettere da parte. Sminuzzare anche le noci (escludendone qualcuna da tenere a metà) a vel. 5 e metter da parte. Nel boccale attivare la bilancia, versare le uova e aggiungere tanto latte quanto basta per arrivare a 280grammi. Aggiungere l’olio e miscelare poco, 5sec. / vel 3. Aggiungere le farine, il lievito, la zucca, il groviera tritato, il formaggio erborinato a tocchetti, le noci, sale e pepe. Miscelare 3min / vel. spiga.
Versare nello stampo, inserire le mezze noci messe da parte, cuocere come sopra.
  





Ringrazio intanto Valeria di Pane per i tuoi denti e Paola di Cioccolato amaro per i premi di Conoceme e Supersweet blog award. Al protocollo derivante dal premio mi devo però applicare... !



martedì 1 ottobre 2013

Le zeppole di baccalà e olive taggiasche per l'autunno di Threef


Se non vi piacesse l'autunno, Threef n. 3 vi farà ricredere.
Da oggi potrete sfogliare il nuovo numero della rivista, che vi farà tuffare nell'oro di questa stagione.

E' passato un anno, e ancora non mi capacito di essere parte di questa squadra.
Di più, non mi capacito di come abbiate (abbiamo) fatto a cogliere così bene il mood di questa stagione lavorando dietro le quinte con l'inevitabile anticipo editoriale.
Non perdetevi questo numero.
Trovate anche le mie zeppole di baccalà e olive taggiasche.

400 gr baccalà ammollato
250 gr farina
200 ml acqua frizzante
25 gr lievito di birra fresco
20 olive taggiasche denocciolate
1 mazzetto di basilico fresco
qb sale, pepe
1 l olio per friggere

Preparare il baccalà, acquistato già ammollato e trattato, lasciandolo ulteriormente in ammollo in acqua corrente fredda a filo per un'ora. Metterlo successivamente in pentola a freddo, portare a bollore, far cuocere 3 minuti quindi spegnere e far raffreddare nell'acqua di cottura. Questa breve cottura aiuterà la pulizia del pesce. Una volta raffreddato, privare della pelle, delle lische e sminuzzarne la polpa (il peso netto dopo i passaggi sarà attorno ai 250 gr).
Preparare l'impasto per le zeppole salate, sciogliendo il lievito nell'acqua e aggiungendo la farina. Aggiungere alla pastella il pesce, le olive tagliate a tocchettini e il basilico spezzato a mano. Aggiustare di sale e pepe a piacere. Mettere la pastella a lievitare un'ora a temperatura ambiente, coperta da pellicola.
Preparare per la frittura ad immersione portando a bollore l'olio in una pentola dai bordi alti. Buttare l'impasto nella pentola a cucchiaiate, poca per volta, utilizzando un altro cucchiaio per aiutarsi.
Una volta fritta ogni zeppola, scolarla e disporla in una ciotola con carta fritti, attendendo di completare la cottura di tutto l'impasto. Servire calde con altro sale.




Potrei soffocarmi di frittelle di pasta cresciuta. Tipo Poldo coi panini.
Lo sa bene quel sant'uomo che, con una pazienza degna di Giobbe, mi accompagnava a qualsiasi ora mi balzasse la voglia, manco fossi incinta, dall'omino con l'apecar sgarrupata che friggeva senza sosta pasta cresciuta.
Chissà se il friggitore c'è ancora, là a via Marconi.
O se è stato spazzato dai regolamenti haccp.
Le zeppole sono un pezzo del puzzle di ricordi dei miei giorni circumvesuviani.
Dieci anni fa, che sembrano ieri, oggi e domani.
Nonostante i dieci anni a Verona, a volte penso che sì, Giulietta è 'nu poc' zoccola.

mercoledì 18 settembre 2013

Insalata al pompelmo rosa con gamberi pepati




Che bellezza, l'estate.
Tutte le sere a cena fuori.

Intendo sul balcone.
Tavolino 50x70 su terrazzino 1 metro x tre.
La ringhiera di ferro battuto illuminata da una fila di lucine natalizie, un po' kitsck, un po' Montmartre.
L'edificio-ecomostro anni 60 accanto a quello liberty che cade a pezzi.
Il fascino, per dirla alla Gozzano, delle buone cose di pessimo gusto.

Mi mancheranno le serate open air, dannazione.

Insalata al pompelmo rosa con gamberi pepati

Tagliare due mini zucchine con la mandolina, affettare sottile a rondelle anche un po' di cipollotto rosso.
Mettere a marinare un'ora in frigorifero zucchine e cipollotto conditi con olio, succo di pompelmo rosa, sale e pepe.
Pulire i gamberi (almeno cinque / sei a testa), lavarli, asciugarli e condirli con sale e abbondante pepe. Scottarli in una padella ben calda e leggermente oliata.
Preparare i piatti con misticanza, zucchine e cipollotto marinati. Aggiungere i gamberi, un po' di scorza di pompelmo e un filo d'olio, servire.



domenica 8 settembre 2013

Spatzle di spinaci e mousse ai lamponi: spunti da una cena d'ispirazione dolomitica


 

C'era una volta il tempo in cui da viaggi e vacanze si portavano a casa souvenir incredibili. Ricordo, non senza vergogna postuma, di aver regalato ai nonni materni, di rientro da una gita scolastica a Pisa, una statuetta bianca che cambiava colore col meteo. E penso con orrore retroattivo al piccolo sombrero con ventosa da parabrezza comprato ad Alicante negli anni ottanta. Sorvoliamo sulle agghiaccianti babbucce jugoslave in pelle rossa, Isola di Krk, 1984.

Per fortuna oggi i souvenir li compro di norma in drogheria, svaligiando negozi di generi alimentari tipici prima di rientrare. E' più forte di me. Sia una vacanza di due settimane o un blitz di lavoro di mezza giornata... non riesco a ripartire senza aver comprato cibo. Secondo me, ad ogni notizia di mia trasferta di lavoro a Roma, il signor Castroni stappa il Berlucchi.
Questo genere di souvenir ha il vantaggio di essere deperibile.
Sì, lo so... il viaggio è un casino. Se fa caldo, poi... girare con del burro salato artigianale nel bagagliaio non è facile (n'est ce pas, Valentina ?).  Ma pensateci bene. 
Pensate a certe maschere veneziane o statue africane che campeggiano a casa vostra o nei salotti svedesi dei vostri amici... non trovate che la deperibilità del souvenir sia un pregio davvero non da poco ?

Ho condiviso recentemente con gli amici i salumi presi ad Agosto durante le vacanze in Val Badia: kaminwurz, salame di selvaggina, speck, accompagnandoli con insalata di crauti al cumino e sesamo, sottaceti e costruendoci attorno un "prima" e un "dopo" d'ispirazione dolomitica: spatzle agli spinaci, serviti con burro fuso e ricotta di malga affumicata, e mousse vanigliata allo yogurt e salsa di lamponi.

Come primo, ho scelto gli spatzle per ragioni logistiche e organizzative, dati gli spazi angusti in cui cucino e ricevo. Questi gnocchetti possono essere cotti in anticipo e semplicemente spadellati solo all'ultimo momento. Li ho dunque preparati dopo pranzo per servirli a cena.


Spatzle agli spinaci 
(dosi per due persone)

100 gr spinaci cotti al vapore e strizzati
1 uovo (da 60 gr)
60 ml latte intero
sale, pepe, noce moscata
(circa) 120 gr di farina
"Grattugia" per spatzle (la mia, Tupperware, vecchio modello)


Per condire:
50 gr burro salato
50 gr ricotta di malga affumicata


In una ciotola capiente a bordi alti versare spinaci, uovo e latte. Amalgamare molto bene con un frullatore a immersione. Aggiustare di sale, pepe, noce moscata. Aggiungere la farina e amalgamare bene con un cucchiaio o una spatola.
La quantità di farina potrebbe dover essere variata a seconda di vari fattori (il tipo di farina, l'umidità degli spinaci, il peso dell'uovo...), l'importante è cominciare con 100 gr e regolarsi un po' a occhio, per ottenere una consistenza morbida ma non liquida, tipo puré.

Portare una pentola d'acqua salata ad ebollizione e far cadere l'impasto per formare gli spatzle con l'apposito attrezzo direttamente nell'acqua. Procedere poco alla volta. Quando vengono a galla, attendere un minuto, poi scolare con un mestolo forato e trasferire in una ciotola capiente con acqua fredda e ghiaccio, per bloccare la cottura.
Una volta pronti tutti e raffreddati, scolarli e tenerli da parte, eventualmente in frigorifero, in un contenitore ermetico unti con un cucchiaio d'olio.

Al momento di andare in tavola, io li ho spadellati e conditi con abbondante burro salato fuso e li ho serviti ricotta affumicata di malga grattugiata al momento.

Mousse di yogurt vanigliato con salsa di lamponi
(ricetta Bimby suggerita da Valentina per l'occasione)



Per la mousse

400 ml panna fresca
250 ml yogurt
1 baccello vaniglia
50 gr zucchero a velo
Montare la panna con i semi di baccello di vaniglia e lo zucchero a velo.
Aggiungere lo yogurt, amalgamando delicatamente perché la panna non smonti.
Mettere nelle ciotoline da servizio (ne escono 4 / 6, a seconda della dimensione) e riporre in frigorifero un'ora.

Per la salsa ai lamponi

250 gr lamponi freschi
1 limone
150 gr zucchero

Spremere il limone e filtrarne il succo.
Frullare i lamponi, aggiungere il succo del limone, lo zucchero e far cuocere per 8 minuti a fuoco medio, mescolando continuamente (nel bimby: frullare i lamponi 5sec/vel 7, poi cuocere 6min / 80°/ vel. 3, come da ricetta presente sul libro base).
Far raffreddare e conservare in frigorifero.
Versare sulla mousse di yogurt solo al momento di servire.








martedì 3 settembre 2013

Un veg-burger ai fagioli azuki


Non so se possa dirsi un successo, comunque sia è andata. Il mio primo Meat Free Monday è stato battezzato ieri con un tentativo di veg-burger ai fagioli azuki. Bruttino ma saporito. Vegetariano, non vegano. Di riciclo, senza pretese.

L'idea di aderire alla campagna MFM mi frullava in testa da un po'. Al di là delle ragioni istituzionali, tipo la preoccupazione planetaria per gli stili alimentari umani e le ricadute ambientali delle flatulenze bovine, la campagna nasconde un lato gourmet.
E'un modo per stimolare la fantasia, sfidandosi a preparare cose nuove, o a usare in modo nuovo ingredienti noti.
Il colpo di grazia me l'ha dato Paola, che mi ha regalato per il compleanno il ricettario Lunedì senza carne, da cui sicuramente pescherò idee per i prossimi lunedì.
Regalo graditissimo, così gradito che devo sospettare delazioni di wishlist da parte delle allegre comari di Soufflé...
Per il MFM, ieri niente libri. Ho fatto di testa mia, ho agito senza troppa preparazione né premeditazione, ma avrò modo di studiare che fare con i ceci, il daikon e il cavolo cinese. Intanto poche certezze: quinoa, vade retro. E asparagi, mi farete sempre orrore.

Nel frattempo, gli amici di sempre si stanno già preparando ai mesi invernali, ripristinando la consuetudine delle "domeniche del porco", a base di consumazioni suine.
A maggior ragione, s'impone un lunedì responsabile.

Per il veg-burger sperimentale

150 gr verdure spadellate
150 gr fagioli azuki (bio, cotti a vapore, scolati e sciacquati dall'acqua di conservazione)
1 uovo piccolo
70 gr di formaggio stagionato grattugiato
1 cucchiaino di sesamo tostato
qb pane di ieri frullato
qb sale, pepe, curry
olio e.v.o. per rosolare in padella

Ho riciclato un po' di verdure spadellate che avevo avanzato (zucchina, melanzana, cipollotto e peperone).
Ho aggiunto i fagioli azuki in scatola.
Ho dato una amalgamata breve e volutamente sommaria con il frullatore a immersione.
Ho aggiunto un uovo piccolo, il sesamo e il formaggio e ho amalgamato a mano.
Ho aggiunto pane sino a raggiungere una discreta consistenza.
Ho aggiustato di sale e pepe e aggiunto un po' di curry.
Infine, con le mani bagnate, ho formato gli hamburger.
Li ho cotti rosolandoli in padella.

Per la salsina, sarò sintetica:

un vasetto di yogurt magro
1 cipollotto piccolo
qualche foglia di lattuga
qb sale, pepe
un minipimer


mercoledì 14 agosto 2013

Italiani, stranieri e Nigell(issim)a.



Domenica scorsa, in una pausa d'attesa alla libreria della stazione, ho acquistato l'ultimo libro di Nigella Lawson, ispirato alla cucina del nostro paese, Nigellissima.

A dirla tutta, per giorni sono stata combattuta prima di decidermi a prendere questo libro... non riuscivo a capire se mi sarebbe potuto piacere o meno. In un rigurgito di orgoglio patrio, rifiutavo l'idea di accettare input gastronomici pseudo italiani da un'inglese. Ma ho voluto fidarmi di Valeria, con cui mi trovo spesso in sintonia, e che da Nigellissima ha già provato con successo una ricetta di baby melanzane [qui].
Dunque Nigellissima, già domenica, mi ha fatto compagnia in terrazza, in queste ore oziose di congedo sulla sponda veronese del lago di Garda.

Cheddire. Dopo aver letto alcune proposte ero tentata di scatenare un incidente diplomatico, chessò... chiamare l'ambasciata inglese in italia (e quella italiana a Londra). Perché ? 
Ci sono almeno cinque ricette a cui bisognerebbe aggiungere il disclaimer "Don't try this at home". Eccole, in ordine sparso:
1. Polpettizza (nella versione originale si chiama Meatzza, una mega svizzera cotta in padella e guarnita come una pizza margherita)
2. Pasta al cioccolato con noci pecan e caramello
3. Finto puré (fatto col semolino... aiuto)
4. Minestrone di tortellini
5. Risoni con piselli e pancetta (sì, la pastina da Villa Arzilla proposta asciutta, anche semplicemente bollita come accompagnamento di secondi ! )
Ci sono poi interpretazioni bizzarre delle nostre abitudini alimentari, tipo la caprese (pomodoro e mozzarella, non la torta !)  proposta per il menu di Natale.
C'è la altrettanto buffa credenza che basti aggiungere vermouth o marsala per rendere italiano anche un pudding.

Lunedì però era giorno di mercato a Torri del Benaco, così mi è capitato di scendere in paese a far compere, tra pochi italiani e molti turisti, in primis tedeschi, seguiti da olandesi e inglesi a parimerito.
A passeggio nelle strette vie del centro storico di Torri mi sono scontrata con il "cibo per turisti". Intere vetrine piene di preparazioni gastronomiche vendute come specialità italiane ma appositamente studiate per il mercato estero, e che nessun italiano di buon senso si sognerebbe di acquistare. Pasta di formati improbabili e in technicolor, o ancora preparati secchi come fieno per aglio-olio-peperoncino, per non parlare del limoncello color Cebion in bottiglie drammaticamente kitsch a forma di stivale.
Poi i ristorantini "per loro", menu con foto e tagliatelle alla bolognese ovunque. Di lavarello o luccio alla gardesana, manco l'ombra.
Questo nostro modo di presentare l'Italia a tavola agli stranieri, anche i più onestamente avidi di conoscere la nostra cucina, mi ha fatto cambiare gli occhiali da lettura con cui stavo sfogliando Nigellissima.

Ho tolto le lenti autarchiche e ipercritiche e mi sono detta: dannazione, questa signora ama l'Italia molto di più di quanto facciamo noi, checché se ne dica. Ed ha messo insieme 250 pagine di ricette che, al netto dei 5 warning sopra segnalati e di poco altro, potrei accettare di mangiare, forse pure di replicare.
Per favore, non chiamiamo Nigellissima libro di cucina italiana (come ho letto qua e là), ma consideriamolo - come personalmente ritengo sia - un appassionato omaggio all'Italia.

venerdì 2 agosto 2013

Threef n. 2 e tempo di nuovi timballi


Il principe aveva troppa esperienza per offrire a degli invitati siciliani in un paese dell’interno, un pranzo che si iniziasse con un “potage”, e infrangeva tanto più facilmente le regole dell’alta cucina in quanto ciò corrispondeva ai propri gusti. Ma le informazioni sulla barbarica usanza forestiera di servire una brodaglia come primo piatto erano giunte con troppa insistenza ai maggiorenti di Donnafugata prché un residuo timore non palpitasse in loro all’inizio di ognuno di questi pranzi solenni. Perciò quando tre servitori in verde, oro e cipria entrarono recando ciascuno uno smisurato piatto d’argento che conteneva un torreggiante timballo di maccheroni, soltanto quattro su venti persone si astennero dal manifestare una lieta sorpresa: il principe e la principessa perché se l’aspettavano, Angelica per affettazione e Concetta per mancanza di appetito. Tutti gli altri (Tancredi compreso, rincresce dirlo) manifestarono il loro sollievo in modi diversi, che andavano dai flautati grugniti estatici del notaio allo strilletto acuto di Francesco Paolo. Lo sguardo circolare minaccioso del padrone di casa troncò del resto subito queste manifestazioni indecorose.  Buone creanze a parte, però, l’aspetto di quei babelici pasticci era degno di evocare fremiti di ammirazione. L’oro brunito dell’involucro, la fraganza di zucchero e di cannella che ne emanava non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi impigliate nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio
G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo


Anche questo numero della rivista Threef, uscito ieri, toglie il fiato. I contributi dei fotografi, quello dei compagni di viaggio e il lavoro del team di redazione... è tutto strabiliante. Sono noiosa e ripetitiva, lo so, ma non finirò mai di sentirmi onorata di essere parte di questa avventura.

... E il dietro le quinte ? Ogni bimestre, il mio contributo a Threef riesce a gettarmi in uno stato di ansia incredibile. Di fronte ad ogni puntualissimo call for abstract mi prende il blocco creativo e la scadenza sembra sempre troppo dietro l'angolo.
Potete immaginare la mia espressione, quando le tre F che coordinano la pubblicazione ci hanno scritto dicendo: il tema del prossimo numero, in uscita ad agosto, sarà il tempo. Come sarebbe "il tempo" !?! mi dico... già immaginando un tema banale tipo il mare, la sabbia, il mediterraneo, le dolomiti, la Grecia, il menu senza-fornelli.
Passato lo sconcerto iniziale, mi sono applicata e qualcosa sul filo del tempo ho prodotto.

Innanzitutto, per tutti i contributi ho usato il farro, la più antica varietà di frumento coltivata dall'uomo.

Dapprima ho interpretato il tempo inteso come ispirazione vintage, come piatti d'antan. Mi è balzato alla mente il timballo, un'ispirazione gattopardiana, che vi propongo reinterpretata ai giorni nostri, decisamente alleggerita e preparata con una pasta integrale di farro.

Infine, ho pensato al tempo inteso come velocità di realizzazione delle ricette, al fast food e allo slow fast food. Così, ecco che anche un semplice e veloce croque monsieur può diventare più slow se decidiamo di prepararci da soli il pan brioche. Naturalmente, con farina di farro.

Buona lettura !



martedì 30 luglio 2013

La terrina di trota di Sigrid (e le nocciole ritrovate)


Di come io sia bravissima a comprare tonnellate di libri di cucina senza riprodurre e provare nemmeno una ricetta, penso di aver già detto. Stavolta però ne ho rubata una a Sigrid Verbert, dal suo bellissimo Diario italiano: una raffinata e fresca terrina di trota, prosciutto e nocciole.


Un breve censimento del frigo e della dispensa, poi mi metto all'opera seguendo la ricetta. Ad un certo punto mi accorgo che delle nocciole citate nel titolo, a pagina 60, nella lista degli ingredienti e nel procedimento... nemmeno le tracce.

Probabilmente si poteva farne a meno. In fondo, la cucina italiana è specchio di un paese che ha saputo arrangiarsi mantenendo una certa dignità in cucina anche in tempi di magra. O di magro.
Sono nate così le ricette della tradizione dell'omissis. Si pensi solo agli spaghetti con le vongole fujute a'mmare, o ancora - più su per lo stivale - alla polenta con gli uccelli scappati.
Senza considerare le altre forme dell'arrangiarsi, come la lévre de cuppi di cui cantava De André in un brano indimenticabile come Creuza de ma.

Ma adoro le nocciole e, anche a naso, quell'ingrediente "ci diceva" (tra l'altro è molto nello stile di Sigrid), così ho voluto comunque reintegrare le nocciole scappate.


Cosa ho usato (la ricetta di Sigrid)

500 gr di trote salmonate (filetti)
70 gr di prosciutto di parma, tagliato a listarelle al coltello
100 gr di ricotta
2 fette di pan bauletto leggermente bagnate nel latte e strizzate
3 uova
un mazzetto di prezzemolo
la scorza di mezzo limone
uno scalogno
sale, pepe, olio
...e una generosa manciata di nocciole

L'esecuzione con robottone
(per quella tradizionale... comprate Diario italiano, merita)

Ho tritato le nocciole 2" / vel. 6, le ho messe da parte.
Ho tritato la scorza di limone con qualche colpetto a turbo, poi ho aggiunto il prezzemolo e ho tritato 3"/ vel. 7; l'ho raccolto e l'ho messo insieme alle nocciole da parte.
Ho pulito il boccale, ho tritato lo scalogno 4"/vel.6, l'ho riunito sul fondo con la spatola, ho aggiunto 20 gr d'olio e ho soffritto 3'/100°/vel. 1.
Nel frattempo ho tagliato a listarelle il prosciutto crudo e tolto la pelle alle trote, poi le ho tagliate a tocchettoni. Ho fatto raffreddare un po' il soffritto , poi ho aggiunto le trote e ho sminuzzato 2" / vel. 5. Poi ho aggiunto le uova e la ricotta, sale e pepe sminuzzando altri 2" / vel. 5. Infine ho aggiunto il prosciutto, il prezzemolo, il limone e le nocciole e ho amalgamanto ancora 2" / vel. 5 usando la funzione antiorario.
Ho disposto il preparato in una terrina da plum cake adatta al bagnomaria (meglio non in alluminio, perché scurisce... a meno che non sia usa e getta).
Cuocere a bagnomaria per 30' / 40' a 180°.




Sono molto contenta del risultato finale, fresco e delicato, con quel profumo di limone ponderato ma essenziale, la croccantezza della nocciola e la sapidità del prosciutto.
Grazie Sigrid !


lunedì 8 luglio 2013

CIpolle di Breme: il seguito



Per la cena di sabato sera avevo preso dello Chabichou, un formaggio di capra del Poitou leggermente pungente, un caprino con una punta quasi erborinata dalla pasta né dura né morbida.
Questo è il link ufficiale, ma vi avverto: se aprite questo link in ufficio, durante l'orario di lavoro fingendo di leggere altro, sappiate che c'è una capra che bela. Non potete dire che è il Sole 24 ore on line. http://www.chabichou-du-poitou.eu/

Un formaggio interessante, saporito.
La formina è piccola ma ne è avanzata comunque metà.
Ecco che non si poteva sprecarla. Ho osato, abbinandolo alle cipolle dolci di Breme.


Mini quiche cipolle rosse di Breme e Chabichou

Cosa ho usato, per 8 mini quiche

un rotolo di pasta brisé
2 uova
50 gr di parmigiano grattugiato
3 cucchiai di panna o latte
50 gr di chabichou sbriciolato a dadini
50 gr cipolla rossa
semi di papavero

Come ho fatto

Ho sfruttato la fase di preriscaldamento del forno (a 190°) per stufare un po' di cipolla, tagliata a spicchi sottili, in una teglia con olio, sale e pepe. Mentre cipolla e... forno si riscaldavano, ho tagliato la brisé e l'ho disposta negli stampini da muffin, mettendoli poi in frigorifero.
Poi ho preparato il restante ripieno, miscelando uovo, panna, sale, pepe e pamigiano.
Quando la cipolla è stata pronta, l'ho distribuita nei gusci di brisé, ho aggiunto lo chabichou e la base liquida.
Ho infornato 10 minuti, poi ho aggiunto un ricciolo di cipolla ulteriore, i semi di papavero e ho ultimato la cottura per altri 12 minuti.

domenica 30 giugno 2013

Il post inutile, papà e le cipolle di Breme





... Non che abbia le pretesa di definire tutti gli altri post in qualche misura utili, ma posso con sicurezza dire che questo è in particolar modo più inutile degli altri.
Ha l'unico senso (tecnico) di permettere la migrazione dei vostri amati blog su bloglovin. Nella mia nota giurassicità web, non ho capito cosa sia gugol-rider, nemmeno cosa sia un blogroll, ma un paio di amiche mi hanno detto che se non mi iscrivo a bloglovin rischio di non leggerle più. Quindi sto seguento a mo' di scimmia le istruzioni della mia Threefriend Vaty per aprire sto cazzo di account. Non potete immaginare la gioia.
Ci mancava un'altra serie di user e password... poi si stupiscono che la gente si iscriva ai siti con "user" come username, e "password" come password. Fra un po' ci vorrà il pin anche in bagno per srotolare la carta da culo. Figuratevi l'agio della sottoscritta, una così smart che la mattina tenta di varcare i tornelli aziendali con l'abbonamento del bus anziché il badge, e s'incazza pure se il tornello non gira.

Ciò detto, colgo l'occasione per condividere con voi, oltre alla foto della mia panzetta, un regalo di papà. Si tratta di una rarità gastronomica, le doclissime cipolle di Breme (in provincia di Pavia).
"La cipolla rossa di Breme De.C.O. (denominazione comunale di origine) viene prodotta in c.ca due ettari di terreno nel tratto tra Breme e Sartirana. I produttori sono pochissimi e la produzione è molto limitata, c.ca 200 quintali all'anno. Troppo pochi per poter essere trovati nella grande distribuzione.
La nascita di questo tipo di coltura è dovuta ai Monaci di Novalesa che, nel 906, sfuggendo ai Saraceni, passarono nella Lomellina e, a Breme, ne fondarono il Monastero".

Le cipolle sono vendute - a peso d'oro, si dice - solo durante i giorni della sagra, a metà giugno. Papà è riuscito ad averle tramite un amico; un'impresa pari alla conquista di una borsa di Hermes, per capirci.
E' tornato a casa con un sacco da dieci chili, tronfio per il successo. Sembrava un cartone animato, Mutley quando si batteva il petto reclamando medaglia medaglia...
Mia mamma invece ha reagito con lo stesso entusiasmo che aveva negli anni ottanta, quando lui rientrava da pesca a Ticino con pesci gatto ancora scodinzolanti e fangosi.

Per fortuna c'è qualcuno che apprezza, amore di figlia... se non fosse che oggi viaggio in freccia argento, me le sarei portate via tutte. Sono enormi, più grandi delle mani, piatte e lievemente profumate.

Qualche idea per il giubileo della cipolla ?



sabato 22 giugno 2013

San Luigi e la focaccia di farro



Sono stata tentata dall'iniziare questo post con un originalissimo "cheppalle sto caldo". Poi ho ripensato ai mesi di risvegli alle 6:40 sotto una pioggia incessante, alle mattine in cui le scarpe da maltempo condizionavano l'umore della giornata, agli ombrelli altrui che sul bus mi gocciolavano sulle caviglie, ai finestrini appannati, ai guanti spaiati da accoppiare rincorrendoli in tasche di piumini diversi. Dunque, fresca di 21 giugno, concludo: benvenuta estate. E buon onomastico papà.

In fondo il caldo in cucina ha i suoi pro: oggi ho deciso di preparare una focaccia di farro. Forno sì, forno no, non avrei notato la differenza. Per non parlare della lievitazione... la focaccia é esplosa in mezz'ora.



Per la focaccia di farro:

Ho messo nel boccale del robot nell'ordine:
260 gr di acqua non fredda
30 gr di olio extravergine d'oliva
1 cubetto di lievito
1 cucchiaino di malto
500 gr di farina di farro zero (Molino rosso, sacchetto verdino)
2 cucchiaini di sale

Ho impastato sino ad ottenere un composto elastico e omogeneo (nel bimby: 2 minuti a spiga).
Ho steso il tutto in una placca oleata, per questa quantità d'impasto ne ho usata una 30x40 e ho lasciato rilievitare l'impasto 10 minuti coperto da un canovaccio. Nel boccale del robot ho miscelato ancora un'emulsione di olio, acqua e sale e l'ho versata sulla focaccia.
Ho aggiunto qualche rondella di cipollotto rosso e qualche ago di rosmarino.
Ho infornato in forno già caldo a 200° per 20 minuti.
Da una placca 30x40 escono 16 bei quadrotti. Facciamo 15 (uno è per il sentiamo com'è venuta). Anzi, facciamo 14 (uno è per il: quello era tropoo caldo, non ho capito bene com'è venuta). Tredici e non ne parliamo più.


Lo scorso week end sono stata a casa di Stefano, in Lessinia. In trenta minuti e trenta tornanti ci si proietta a meno dieci gradi rispetto alla città. Un gradevole pomeriggio, un po' a costruire una casetta di legno, un po' a passeggiare nel bosco tra contrade, un po' in paese a svaligiare il negozio di formaggi di malga. Al calar del sole sono arrivate le mucche curiose; pare abbiano preso l'abitudine di entrare nella proprietà a leccare i moschini sul frontalino della station wagon. Cheddire, i gusti sono gusti.

 
E quella spesa in Lessinia potrebbe diventare un post, o forse - meglio ancora - una cena per gli amici.

domenica 7 aprile 2013

Una quiche al volo, per la cena bric-à-brac



Prima di tutto, ringrazio di cuore tutti coloro che, con commenti, SMS, mail, telefonate, hanno voluto complimentarsi con me per la neonata rivista, complimenti che "inoltro" doverosamente alla redazione di Threef.

Non so voi. Io ho una fottuta voglia di primavera. Lo sa bene il fioraio sulla strada per il lavoro che, da un mese a questa parte, mi vede due volte a settimana al suo chiosco a comprar tulipani.
La primavera sembra fare capolino solo in quei giorni in cui sono reclusa in azienda, con le piaghe da decubito, ufficio illuminato al neon vista tangenziale, moquette verde. La legge di Murphy applicata al meteo.

Vi lascio al volo un appunto: la quiche che ho preparato oggi... viene perfetta per stasera, insieme al polpettone di carni bianche.
Ho appena saputo che ci sarà una cena bric-à-brac, una di quelle cene impovvisate con gli amici del tipo "ognuno porta qualcosa". E siccome la domenica sera ognuno svuota il frigo come può, i risultati sono sempre degli improbabili tetris di generi alimentari. Avete presente le vignette di Jacovitti, un gran casino con l'immancabile salame ? Ci divertiamo, mangiamo, stiamo insieme. E questo è quello che conta.

Quiche di fiori di zucchina

Voi non fate come me, che a volte mi parodizzo un po'.
Lo so che così non va affatto bene.
Voi fatela in casa, la brisé.
Nel post di oggi di Edda, ottimi spunti.

Cosa ho usato:

1 rotolo di pasta brisé
8 - 12 fiori di zucchina, con mini zucchine
1 zucchina
150 gr grana padano grattugiato
100 gr ricotta di capra
120 ml panna
2 uova
sale, pepe, noce moscata
1/2 spicchio di aglio
olio extravergine di oliva

Come ho fatto:

Ho pulito i fiori, privandoli anche del pistillo; ho frullato le zucchine grossolanamente insieme al mezzo spicchio d'aglio e le ho rosolate due minuti in padella con un velo d'olio.
Ho unito alle zucchine la ricotta e metà del grana, aggiustato di sale e pepe e mescolato. Con questa farcia morbida ho riempito i fiori.
Ho poi frullato insieme le uova, la panna, il grana rimasto, un po' di sale, pepe e noce moscata.
Ho steso la brisé nella teglia, ho disposto i fiori ripeni con le punte verso il centro, poi ho versato il composto di uova negli spazi tra un fiore e l'altro e al centro.
Ho cotto mezz'ora a 175° in forno già caldo e ventilato.

Ricordatevi, se non l'avete ancora fatto, di andare a sfogliare Threef !

lunedì 1 aprile 2013

È nato threef, numero zero.

 
 
Quando, lo scorso autunno, un team di blogger mi contattò per chiedermi di salire a bordo di quello che si prospettava un fantastico progetto editoriale a base di fotografia e cucina, fui stupita e lusingata.
Visti gli standard del team e i loro punti di riferimento internazionali, mi chiedevo intimidita: ...eiocheccentro ? Che cercassero proprio me per questa avventura datata 1 aprile, mi sembrava proprio un pesce. Ma è evidente che, nonostante un po' di ansia da prestazione, Fausta non ha dovuto pregarmi più di tanto. Le sono bastate due rassicuranti mail, di cui oggi più che mai le sono immensamente grata.

Threef è nato oggi, con il numero zero.
La passione e la professionalità del team editoriale ha dato alla luce un prodotto che è ben oltre ogni mia possibile aspettativa.
Le tre f sono quelle di food, fancy, frames. Ma sono anche quelle di Fausta, Federica e Francesca che, insiemea Valeria, ai bravissimi fotografi e a 13 blogger, hanno reso possibile questo per me emozionante numero zero.

Non vi resta che sfogliarlo, anzi, divorarlo ! Tra le tante idee per la primavera, troverete anche le mie terrine.




sabato 30 marzo 2013

Mini-pasqualine. La cena di pasqua e la primavera che non c'è.



Se già pensavate a magnifici post all'aria aperta con il tradizionale picnic di Pasquetta, mettetevela via, almeno per quest'anno. Qui piove da tre giorni, cheppalle.

Ieri mattina ho incontrato la vicina di casa, quella sotto di me, e le ho detto: ti chiedo scusa in anticipo se stasera sentirai un po' di casino... Sai, ho invitato alcuni amici a cena per il Natale...
Lei mi ha guardata un po' confusa per il lapsus... io ho realizzato di aver detto una stronzata (delle tante).
Ma d'altro canto qui il clima sarebbe da cotechino e lenticchie, altro che agnello e asparagi.

Dicevo, ieri sera ho ospitato alcuni miei amici a cena; quelli autodefinitisi "compagnia del porco", data la condivisa passione per il suino in tutte le sue forme. Sono dei poeti delle maialate, cultori della materia. Un PhD della sugna.
Un esempio per tutti: la scorsa settimana Monica ha inviato un SMS urbi et orbi che diceva "Faccio un ordine da Caserta di sane porcate, chi vuole qualcosa ?". Persino un ossimoro, siamo a livelli inarrivabili.
Manco a dirlo, il venerdì di quaresima è stato consacrato con il filetto di maiale in crosta di erbette aromatiche.
Magro era magro, giuro.

Ho aperto la cena con mini-pasqualine monoporzione, l'ho trovata un'idea simpatica e sono venute molto bene, così condivido la ricetta.
Le ho servite con una fondutina tiepida di ricotta di capra affumicata, di Malga Faggioli.


Cosa serve:
(per 8 pasqualine)
8 pirottini di alluminio
2 - 3 rotoli di pasta brisé (dipende dalle dimensioni dei pirottini che usate)
500g spinaci freschi
100g ricotta di capra
100g grana padano grattugiato
2 uova
12 uova di quaglia (qualcuna in più rispetto ai pirottini "di scorta" e/o per spennellare le calotte)
sale, pepe, noce moscata

Come fare
Pulire e lavare gli spinaci levando i gambi duri, se ve ne fossero.
Scottare gli spinaci in un dito d'acqua bollente e salata per non più di due minuti, poi strizzarli e lasciarli raffreddare (si saranno ridotti a circa 270g).
Mentre gli spinaci si raffreddano, foderare i pirottini con la pasta brisé lasciando un po' di sbordo e ricavare anche altrettanti coperchietti di pasta per chiudere le pasqualine.
Frullare gli spinaci, la ricotta, il grana e le uova, correggendo con sale, pepe e noce moscata.
Riempire i pirottini di brisé con il composto frullato usando un cucchiaino.
Ricavare un buchetto al centro del ripieno e rompervi dentro un ovetto di quaglia.
Se gli ovetti dovessero rompersi aprendoli, metteteli da parte per spennellare le tortine a fine della preparazione e usatene altri, perché il tuorlo resti integro.
Praticare dei tagli sulle calottine, chiudere le pasqualine e rivoltare il bordo, spennellarle con l'uovo.
Infornare in forno già caldo a 180° per 25 minuti.

Per la fondutina:
Grattugiare la ricotta affumicata (70g) in circa 90g di latte, sciogliere a fuoco lento.

Potete preparare tutto in anticipo, scaldando le pasqualine in forno a 150° per 10' (coperte con stagnola) e la fondutina in microonde.

Ragazzi, grazie dei fiori !!! Un po' di primavera...











sabato 23 marzo 2013

Pancake salati alla ricotta con salmone e finte puntarelle




Mentre scrivevo il titolo di questo post mi dicevo: ma sono davvero pancake ? Forse dovrei chiamarli blinis ? Forse blincakes ? Chi lo sa. E a dirla tutta, alla terza domanda già mi sentivo come i vecchietti dei Muppet col Mahna Mahna. Who cares !?
Echissenefrega. So solo che erano buoni, tant'è che Il Ciclista, dopo un primo approccio diffidente del tipo "e cosa dovrei farci con queste spugnette levatrucco ? io ho fame !"... li ha spazzolati in pochi minuti rendendomi molto soddisfatta.

Questi pancake salati alla ricotta sono ispirati alla ricetta di Nigella, che li prevede dolci. Io preferisco il salato, così li ho "blinizzati", aromatizzandoli con erba cipollina e pepe rosa, per accompagnarli con salmone affumicato e panna acida, anche questa aromatizzata all'erba cipollina.
A completare il piatto, le finte puntarelle di sedano.



Per l'impasto dei pancake

2 uova grandi
250 gr di ricotta vaccina morbida
125 ml di latte
100 gr di farina
1 cucchiaino di lievito istantaneo per torte salate
1 presa di sale
2 cucchiai d'olio extra vergine
1 spolverata di pepe rosa
1 cucchiaio di erba cipollina fresca a tocchetti

Separare tuorli e albumi. Montare un po' gli albumi (non devono essere a neve) e mettere da parte.
In un'altra ciotola (o nel mixer) miscelare la ricotta, il latte, i tuorli, la farina, il lievito istantaneo, il sale, il pepe rosa, l'olio e l'erba cipollina. Aggiungere a mano gli albumi mescolando delicatamente.
Versare la pastella su una piastra ben calda, formando dei pancackes di 8-10 cm di diametro. Quando si è ben rappresa da un lato, rovesciare dal lato opposto con una spatola e teminare la cottura. Ne vengono una decina. Tenere da parte in caldo.


A completamento del piatto:

300 gr di salmone affumicato
1 costa di sedano verde
150 g panna acida
olio e limone, per condire il salmone e il sedano
sale e pepe rosa, erba cipollina fresca

Pulire il sedano togliendo i filamenti, lavarlo e tagliarlo a julienne in fiammiferi di circa10cm. Buttare i bastoncini di sedano in una ciotola di acqua e ghiaccio e far riposare finché arricciano, poi scolarli e condirli come di preferenza (io olio extravergine, sale e limone) e disporne un po' nei piatti.
Aromatizzare la panna acida con sale, pepe rosa (solo la parte esterna delle bacche), erba cipollina e formare delle quenelles da disporre nei piatti.
Preparare il salmone, leggermente marinato in olio e limone, condito con erba cipollina fresca.

Suggerisco di preparare nell'ordine: le puntarelle di sedano, la marinata del salmone, la pastella dei pancacke; mentre scalda la piastra aromatizzare la panna acida e infine procedere alla cottura dei pancacke. Assemblare il tutto alla fine nei singoli piatti.

Aboutfood - 2° contest


sabato 23 febbraio 2013

L'arrosto con radicchio tardivo in calza a rete (e la macelleria Bertani, da quarant'anni in Veronetta)


 

Da quando Alessandro e Valentina Molon hanno lasciato Veronetta, il mio macellaio di fiducia in zona è diventato Moreno Bertani. Moreno è vagamente fuori di zucca (chi si somiglia si piglia), con quella sua aria sempre scanzonata e surreale. La sua bottega sembra il piccolo palcoscenico di una commedia dialettale un po' retrò: quattro timidi muri piastrellati, il telo bianco appeso fuori, come insegna la scritta "carni, pollame" ombreggiata verniciata sul vetro, un banco frigo d'antan, con cromature e inserti in marmo.
Anche se entri da lui alle otto di mattina, con il caffé macchiato ancora nell'esofago, cercherà di offrirti una fetta di salame - no grazie - un bicchiere di vino - no grazie - almen un toco de formajo...!
La macelleria Bertani ha ricevuto, lo scorso dicembre, il riconoscimento di bottega storica, che il comune di Verona consegna a quelle attività commerciali che da più di quarant'anni conservano lo stesso volto, passando di generazione in generazione.
Raffaele era il papà di Moreno, e Raffaele è suo figlio, che lo affianca dietro il bancone, imparando il mestiere.
In Comune sono così intelligenti che la cerimonia di consegna delle targhe ai commercianti storici l'hanno organizzata a metà mattina di un venerdì prima di un sabato festivo. Così Moreno non ci è potuto andare... con la bottega aperta e il lavoro del sabato anticipato di un giorno.


Sabato scorso avevo voglia di preparare un mini arrostino ripieno di radicchio tardivo, così ho chiesto a Moreno di prepararmi una fetta di vitello per un rotolo.
Gli ho chiesto anche della rete elastica, che lui utilizza in velocità aiutandosi con il classico tubo di plastica per legare gli arrosti. Obiettivamente è molto stretta, lui dubitava sulla mia capacità di infilarci dentro il rotolo non appena finito. Al che, sollevandomi la gonna ben sopra il ginocchio, gli ho fatto presente che mi infilo il collant tutte le mattine. A quel punto ha realizzato che avrei potuto tenere un master in materia. Un piccolo show nello show, con la moglie piegata in due dal ridere e il figlio visibilmente schifato dal mio cosciotto.



Cosa ho usato
Una fetta di copertina di vitello aperta a libro
Un piccolo cespo di radicchio tardivo (ho usato solo le cime)
60 g di pancetta
sale, pepe, rosmarino qb
30g olio extravergine
200 ml vino bianco
brodo caldo qb
Una casseruola dal fondo spesso con coperchio

Come ho fatto
Ho disteso la carne e vi ho adagiato la pancetta, ho salato e pepato, poi aggiunto il radicchio tagliato in tocchettini.
Ho avvolto il tutto ben stretto, infilato il rotolo nella rete per arrosti, corretto ancora di sale e pepe e infilato rametti di rosmarino qua e là.
Ho scaldato l'olio in pentola e vi ho rosolato il rotolino per sigillarlo bene da tutti i lati, poi ho aggiunto il vino e lasciato sfumare.
Ho quindi coperto e lasciato cuocere a fuoco medio per un'ora e mezza, aggiungendo un mestolo di brodo caldo ogni volta il fondo si asciugava troppo.

sabato 16 febbraio 2013

Celeriac & stilton soup



Il sedano rapa per me è stato una recente scoperta. Sebbene sia diffuso in zona, non per niente viene chiamato anche sedano di Verona, non mi ha mai fatto gola. Sarà che il gusto del sedano cotto non mi faceva impazzire (ricordo con lieve fastidio il riso e sedano in brodo che ogni tanto mia madre preparava la sera), sarà che il prodotto in sé non ha un aspetto invitante... ne sono stata alla larga per quasi quarant'anni. Peccato non averlo scoperto prima, invece.
Non l'ho mai provato fresco né fritto, come consiglia l'ortolano, ma é diventato uno dei gusti da me preferiti per le vellutate. Tra l'altro ha una consistenza che mi permette di non aggiungere patate per addensare, lasciando il risultato molto leggero. La vellutata di sedano rapa è da poco una consuetudine, che preparo nelle due varianti: con i crostini tostati e prezzemolo oppure con il formaggio erborinato.

E oggi non un erborinato qualunque. Era troppo bello questo blue stilton, nel vasetto chiuso da una cialda di cera, per lasciarlo nel negozio... arriva proprio dal Leicestershire, una delle poche zone inglesi a poter utilizzare la PDO, denominazione di origine protetta. Facendo l'autopsia all'etichetta mi sono chiesta quali trascorsi bizzarri con la clientela abbiano portato il produttore ad inserire la precisazione  "do not eat wax seal".


Cosa ho usato:
(per due/tre)
un sedano rapa pulito e sbucciato (circa 300g netti)
30g (un quarto) di cipolla bionda
30 g d'olio extra vergine
350/400 g di brodo di verdura
3 cucchiaini di blue stilton
una macinata di pepe

Come la preparo:
Ho tritato la cipolla, per preparare un soffritto di olio e cipolla.
Ho aggiunto il sedano rapa tagliato a  cubetti, a rosolare, il brodo; ho portato a portare a bollore e coperto. Ho fatto cuocere per 25 minuti, badando che non asciugasse troppo.
A fine cottura ho unito un cucchiaino di stilton e frullato il tutto con un frullatore ad immersione direttamente nella pentola.
Ho servito spolverando di pepe e aggiungendo un po' di stilton a guarnizione.

domenica 10 febbraio 2013

Le disavventure del chocolate bundt di Martha Stewart



Non so bene quale sia la ragione... ma quando esco dalla Feltrinelli Express di Milano Centrale mi resta sempre qualcosa appiccicato alle mani. Colpa di quei venti minuti tra il treno da Venezia e quello per Genova ? Colpa del fatto che la zona cookbooks stia proprio di fronte al binario 10 ? Colpa del disturbo compulsivo da accumulo ? Quale che sia la ragione... l'ultimo viaggio di rientro a casa si è concluso con un cofanetto in supersaldo contente libro + stampo in silicone sulle ciambelle, battezzato la settimana scorsa.

In settimana mi sono messa in testa di fare il dark chocolate bundt con la ricetta di Martha Stewart da portare ad un'amica, la domenica. Sabato pomeriggio mi sono dedicata al famoso dolce.
Non è una ricetta particolarmente laboriosa, ma era pur sempre la mia prima volta: le dosi erano all'americana, quindi ho litigato anche un po' con i dosatori di cup e spoon, al cui uso non sono abituata. (Forse forse che bisogna sganciarli dall'anello che li tiene insieme !?!)
Insomma... incrocia le mezze cups, i teaspoon e le once con i tempi e le velocità del robot, calcola in celsius i farenheit... sembrava più una sessione di risiko che una ricetta.
Una volta finita la cottura, già soddisfatta per il "buona la prima", ho preso il bellissimo bundt e l'ho messo a raffreddare sulla gratella in attesa di coprirlo con la ganache domenica, prima di portarlo via.

Peccato che voltandomi con la mia consueta eleganza durante il riassetto della cucina, ci ho preso dentro con il gomito.
La leggera gratella di inox sul piano d'appoggio liscio è partita come un freesbee, proiettando il bundt in frantumi sul pavimento con una parabola degna da cronaca sportiva. Ho assistito lancio del bundt attonita e impotente. Poi, in quelle poche frazioni di secondo, mi è uscito un quasi bestemmione. Che io non bestemmio, ma giuro: ci sono andata parecchio vicina.

Quando, dopo due ore di lavoro comprensivo di quelle cribbio di once e mezze cups, per non parlare del farenheit, ho visto lo sbriciolamento nero per terra e la sindone di grasso sulle mattonelle appena pulite mi veniva da piangere. Ma non ce la facevo perché al contempo mi scappava da ridere... Insomma, una mini crisi isterica. Ho guardato fuori dalla finestra. Pioveva dalla mattina, senza sosta.
Mi sono detta che sarei rimasta comunque in casa... ho guardato il bimby che occhieggiava ancora sporco d'impasto, ho fatto un rapido check in dispensa e... ho ricominciato daccapo, e stavolta con discreta scioltezza.

Per sabato sera il bundt era fatto; domenica è stato coperto di ganache e fotografato. Stavolta anche alla luce del sole.

Se vi piacciono le consistenze tipo brownies, il bundt fa per voi.
Vi rimando dunque alla ricetta originale: la trovate qui




Penso invece possa essere utile alle mie socie di bimby (Valeria, Valentina, Damy...) condividere con loro il procedimento già adattato per l'esecuzione in robot.
Senza corrente elettrica penso mangerei solo verdura cruda.
Per l'impasto ho usato
farina doppio zero: 2 1/2 cups
zucchero: 2 1/2 cups
cacao amaro: 1/2 cup
lievito per dolci: 1 teaspoon
latticello: 1/2 cup [125 g latte e 125 yogurt magro]
burro morbido: 250 gr
uova: 4 grandi
estratto di vaniglia: 1 teaspoon
gocce di cioccolato (fredde di freezer): 1/2 cup
noci tritate (facoltativo, io non l'ho messo): 1/2 cup

Per la copertura ho usato
150g cioccolato fondente
150g panna fresca da montare


Prima cosa, impostare nel robot la funzione antiorario, da utilizzare per tutta la preparazione e preriscaldare il forno.
Nel boccale, miscelare la farina, un cucchiaino di lievito e il cacao a vel 5 e mettere da parte. Sciacquare il boccale, senza asciugare.
Nel boccale, preparare un finto latticello mescolando un vasetto da 125g di yogurt bianco magro con 125g di latte (qualche secondo a v. 3), mettere da parte. Non occorre pulire il boccale.
Nel boccale vuoto, frullare a vel. 3 il burro morbido (250g) per 20"
Aggiungere lo zucchero e amalgamare 1' o anche 2 / vel 3.
Aggiungere l'estratto di vaniglia, far partire le lame a vel. 3-4 e inserire dal foro un uovo alla volta, aspettando che venga montato prima di procedere con il successivo (circa 20/30 secondi ciascuno).
Aprire il boccale e inserire un terzo del misto di farina e cacao, miscelare 20" / vel. 5.
Poi aggiungere metà del finto latticello, miscelare 20" / vel. 5.
Ripetere l'operazione con 1/3 della farina, poi il restante latticello, poi finire con la farina (potrebbe essere necessario, per l'ultima aggiunta, arrivare a vel. 6).
Infine, aggiungere le gocce di cioccolato sempre a vel 5 per 3 secondi.
Imburrare lo stampo e versare il composto direttamente dal boccale e cuocere in forno già caldo a 160-170° per 70 minuti.
Far raffreddare priam di togliere dallo stampo, poi fare raffreddare ulteriormente una volta sformato.
Preparare la copertura:
Togliere l'antiorario, tritare il cioccolato 10"/vel. 8, aggiungere la panna e fondere 3'/50°/vel. 2.
Una volta fuso il cioccolato, lasciare nel boccale a lame in funzione a vel. 2 perché si intiepidisca senza rapprendere fino al momento di usare, colandolo direttamente dal boccale senza toccarlo.

Varie & eventuali
Per il trasporto, visto che i soliti portatorta non sono appropriati per queste forme e dimensioni, condivido con voi il trucchetto insegnatomi da Gabriella: un frigoverre di dimensioni idonee usato al contrario... il coperchio azzurro usato da base e il vetro da calotta.

Letizia, quando la settimana prossima ci vediamo dalla dietista ricordati per favore di riportarmi il contenitore.  E cortesemente... non facciamo come l'ultima volta che hai aperto il torrone da chilo che ho fatto per Nick davanti a lei.
La versione ufficiale stavolta sarà: "c'era dentro del radicchio brasato".
Eternamente grata.