Ricordo i periodi in cui avevo deciso di dedicarmi alla lievitazione naturale.
Prima con Arturo, poi con Alessio, i miei due lieviti madre.
Un vasetto pieno di bolle da accudire.
Le coccole a quella massa bianca che sembrava avere sentimenti.
La soddisfazione per gli esiti.
Il pane lievemente profumato di acido.
Farina, malto, acqua e bilancia sempre pronti.
Il bormioli di riserva per ogni rinfresco.
Le panificazioni notturne.
La cucina sempre sporca.
Lo scarico del lavello, una merda.
Diciamolo: la lievitazione naturale la stimo, ma non mi manca per un cazzo.
In un mondo di precariato spinto, peccato lamentarsi.
Tuttavia, se dovessi dire quale sia il limite più grande del mio lavoro, è l'assoluta mancanza di tempo libero. Da quindici anni esco ogni santo giorno la mattina passo fuori casa 12 ore, rientrando troppo stanca per fare qualsiasi cosa diversa da sfogliare un ricettario sul divano, divorando un qualsiasi cibo take away raccattato nel tragitto parcheggio auto - casa.
Cinque giorni in zona industriale, senza mai incontrare il mondo urbanizzato, o banalmente un ortolano aperto all'uscita dall'ufficio.
Più dieci chili in due anni è un output sintetico ma efficace di questa esilarante vita.
Se non avessi ancora un minimo di passione per quello che faccio in quelle dodici ore, e non credessi nella mission della compagnia, mi domanderei il perché.
Questo per dire che un post al mese non è fiacca, ma è un miracolo organizzativo di cui anche io stessa mi stupisco.
E un run rate che non posso assicurare nei mesi a venire.
Ecco perché è evidente che il lievito madre non fa per me.
Ecco perché odio l'arrivo dell'inverno, che per me siginfica vedere solo il buio.
Ecco perché spero arrivi davvero lo smart working, quella roba che nel mondo significa poter lavorare un paio di giorni da casa, (mentre il pane lievita, la lavatrice fa il suo lavoro, il caldaista fa la prova dei fumi...).
8 g lievito di birra secco (bio, in granuli)
280 g acqua
1 cucchiaino di malto
50 g olio extra vergine
400 g farina di farro tipo 0 bio
100 g farina di farro integrale bio
200 g patate lesse schiacciate con una forchetta
15 g sale
Ho sciolto il lievito e il malto in un po' dell'acqua a temperatura ambiente, 2 min / 37° / vel. 2, poi ho atteso che schiumasse un po', ossia l'attivazione del lievito.
Ho aggiunto nel boccale nell'ordine la restante acqua, l'olio, le farine, le patate schiacciate, il sale.
Ho impastato per 3 min / vel. spiga
Ho trasferito in una ciotola leggermente unta, coperta da un panno umido, e ho atteso la lievitazione sino a raddoppio.
Ho ripreso l'impasto e ho formato dieci pezzature.
Ho ripiegato sotto se stesso ciascun pezzetto, sino a formare delle sfere.
Ho messo i panini sulla placca foderata con carta forno e ho lasciato nuovamente lievitare per circa un'ora, ancora coperti da canovaccio.
Ho infornato 10' a forno ventilato a 200°, poi per altri 20' sempre ventilato a 180°.
In un mondo di precariato spinto, peccato lamentarsi.
Tuttavia, se dovessi dire quale sia il limite più grande del mio lavoro, è l'assoluta mancanza di tempo libero. Da quindici anni esco ogni santo giorno la mattina passo fuori casa 12 ore, rientrando troppo stanca per fare qualsiasi cosa diversa da sfogliare un ricettario sul divano, divorando un qualsiasi cibo take away raccattato nel tragitto parcheggio auto - casa.
Cinque giorni in zona industriale, senza mai incontrare il mondo urbanizzato, o banalmente un ortolano aperto all'uscita dall'ufficio.
Più dieci chili in due anni è un output sintetico ma efficace di questa esilarante vita.
Se non avessi ancora un minimo di passione per quello che faccio in quelle dodici ore, e non credessi nella mission della compagnia, mi domanderei il perché.
Questo per dire che un post al mese non è fiacca, ma è un miracolo organizzativo di cui anche io stessa mi stupisco.
E un run rate che non posso assicurare nei mesi a venire.
Ecco perché è evidente che il lievito madre non fa per me.
Ecco perché odio l'arrivo dell'inverno, che per me siginfica vedere solo il buio.
Ecco perché spero arrivi davvero lo smart working, quella roba che nel mondo significa poter lavorare un paio di giorni da casa, (mentre il pane lievita, la lavatrice fa il suo lavoro, il caldaista fa la prova dei fumi...).
Bocconcini morbidi di farro e patate
Quello proposto oggi - eseguendo l'impasto con bimby - è un pane preparato la domenica mattina, ispirato parzialmente al pane alle patate e aglio di Riccardo Astolfi, nel suo libro Pasta Madre.
Un libro molto bello, ricco di didattica e creatività; un libro che raccomando, se amate la panificazione e la fermentazione naturale.
8 g lievito di birra secco (bio, in granuli)
280 g acqua
1 cucchiaino di malto
50 g olio extra vergine
400 g farina di farro tipo 0 bio
100 g farina di farro integrale bio
200 g patate lesse schiacciate con una forchetta
15 g sale
Ho sciolto il lievito e il malto in un po' dell'acqua a temperatura ambiente, 2 min / 37° / vel. 2, poi ho atteso che schiumasse un po', ossia l'attivazione del lievito.
Ho aggiunto nel boccale nell'ordine la restante acqua, l'olio, le farine, le patate schiacciate, il sale.
Ho impastato per 3 min / vel. spiga
Ho trasferito in una ciotola leggermente unta, coperta da un panno umido, e ho atteso la lievitazione sino a raddoppio.
Ho ripreso l'impasto e ho formato dieci pezzature.
Ho ripiegato sotto se stesso ciascun pezzetto, sino a formare delle sfere.
Ho messo i panini sulla placca foderata con carta forno e ho lasciato nuovamente lievitare per circa un'ora, ancora coperti da canovaccio.
Ho infornato 10' a forno ventilato a 200°, poi per altri 20' sempre ventilato a 180°.
Caustica, onesta e chiarissima, come sempre! Per questo vengo a leggerti, per la bontà dei tuoi panini (latte) e per la lucidità ironica che ti distingue (fiele). Io comunque aspetto quello spiraglio di "miracolo organizzativo" che ti fa cucinare, e postare, e scrivere! non ostante tutto: stupore!
RispondiEliminaGrazie, cara B., del tuo commento. A quando la tua prossima iniziativa ? Un abbraccio
EliminaAdoro la tua scrittura raffinata impreziosita da "merda" e "cazzo" qua e là. Posso dire che ti capisco? Il buio, le 12 ore, il tempo, eccetera, eccetera, eccetera. I kg per me sono 5 buoni, buoni come la torta al cioccolato che hai dato al ciclista. Una roba da sturbo, clap clap. Stammi bene. Elena
RispondiElimina...contesse si nasce. Lattefiele è scurrile, ma almeno non appare sui vostri profili social inquinandoli di colorita esperienza. Se ti va bene, torni da queste parti. Altrimenti è lo stesso, che qui non è roba da educande. Un abbraccio a te e al motociclista.
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